domenica 18 maggio 2014

Il Poeta della domenica... John Keats



La Belle Dame sans Merci

Perché soffri, o cavaliere in armi,
         E pallido indugi e solo?
Sono qui avvizziti i giunchi in riva al lago
         E nessun uccello cantando prende il volo.

Perché soffri, o cavaliere in armi,
         E disfatto sembri e desolato?
Colmo è il granaio dello scoiattolo,
         e il raccolto è già ammucchiato.

Scorgo un giglio sulla tua fronte,
         Imperlata d’angoscia e dalla febbre inumidita;
E sulla tua guancia c’è come una rosa morente,
         Anch’essa troppo in fretta sfiorita.

Per i prati vagando una donna
         Ho incontrato, bella oltre ogni linguaggio,
Figlia d’una fata: i capelli aveva lunghi,
         Il passo leggero, l’occhio selvaggio.

Una ghirlanda le preparai per la fronte,
         Poi dei braccialetti, e profumato un cinto;
Lei mi guardò come se mi amasse,
         E dolce emise un gemito indistinto.

Sul mio cavallo al passo la posi,
         E altro non vidi per quella giornata,
Ché lei dondolandosi cantava
         Una dolce canzone incantata. 
Mi trovò radici di dolce piacere,
         E miele selvatico, e stille di manna;
Sicuramente nella sua lingua strana:
         Mi diceva, “Sii certo, il mio amore non t’inganna”.

E mi portò alla sua grotta fatata,
         Ove pianse tristemente sospirando;
Poi i selvaggi suoi occhi selvaggi le chiusi,
         Entrambi doppiamente baciando.

Poi fu lei che cullandomi,
         M’addormentò – e, me sciagurato,
Sognai l’ultimo sogno
         Sul fianco del colle ghiacciato.

Cerei re vidi, e principi e guerrieri,
         Tutti eran pallidi di morte:
“La belle dame sans merci”, mi dicevano, 
         “Ha ormai in pugno la tua sorte”.

Vidi le loro labbra consunte nella sera
         Aprirsi orribili in un grido disperato,
e freddo mi svegliai ritrovandomi lì,
         Sul fianco del colle ghiacciato.

Ed ecco dunque perché qui dimoro,
         E pallido indugio e solo,
Anche se sono avvizziti i giunchi in riva al lago,
         E nessun uccello canta,  prendendo il volo.

                                                       
John Keats, ballata 1819
traduzione a cura di Silvano Sabbadini

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