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Lorenzo, personaggio di Corrado Guzzanti |
[…] Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto
il cielo.… Un tempo per stracciare e
un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. […]
«Si fa, ma non si addice. Come
dire la cosa giusta al momento giusto», è il secondo capitolo del godibilissimo
libro del pendolare, lo chiamo così, “Come dire” di Stefano Bartezzaghi
pubblicato qualche anno addietro. Il capitoletto apre appunto con la Sacra
Bibbia, o meglio con le parole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme.
Lo
chiamo in causa il libro perché, a parte la lettura goduriosa, s’infila nel
torbido mondo della comunicazione, anzi del galateo della comunicazione. Che poi è quello che a me in questo preciso
istante frulla in testa.
Bartezzaghi scrive: «… Pensare
che il linguaggio serva soltanto a comunicare e che l’essenziale è intendersi l’un
l’altro è come pensare che i vestiti servano a ripararci dal freddo e dalle
intemperie. Se la pensate così, mi aspetto di vedervi per strada sotto strati
di coperte di lana in inverno, nudi in estate. …»
Questo è il mio incipit, la
premessa necessaria, ma veniamo al sodo.
Pur essendo ora di pranzo c’era
poca gente nel caffè, la ragazza si avvicinò al tavolino, indossava un jeans, i
capelli neri con una ciocca che le copriva per metà il viso. «Avete un
accendino?» chiese. «Si» fu la risposta. Senza guardarci, con la
testa leggermente inclinata, allungò la mano, prese l'accendino, si accese la sigaretta e con un
gesto quasi disturbato lo restituì. «Uh» esclamò allontanandosi.
Inevitabile la mia esclamazione «Ma
scusa e grazie non si usano più?!». Il mio amico sorride, non è di moda, dice, niente
convenevoli. Bisogna essere diretti e
immediati.
Ed eccoci al linguaggio, anzi al
paralinguaggio, al farfugliare “uh, uh”, che dopo anni di “come si dice?” iniziato in tenera età, mi pare questa una grande conquista nel ciclo
evolutivo. Non si dice né grazie, né scusa, ma “uh”.
Mi è parso doveroso informare mia
madre del suo ennesimo errore educativo, le madri si sa sono portatrici sane di
errori, così le ho fatto aggiungere alla
lunga lista anche “scusa” e “grazie”, insieme a: non rubare, sii educata, non
dire parolacce, sii discreta, onesta, puntuale e non dimentichiamoci il "non si
alza la gonnellina", stai seduta composta e niente caramelle dagli sconosciuti
(quante caramelle perse!). Cara mamma che errore grossolano e diseducativo hai
commesso, oggi senza i tuoi insegnamenti virtuosi sarei come minimo ministro!
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Cartolina di Agnes Richardson, 1912 |
Scusate (anche se non si dice, è
il condizionamento), chiusa la digressione torno alle mie due paroline, tanto
piccole quanto grandi di cortesia e gentilezza. Non si può, o almeno si potrebbe
per alcune cose, ma dove si deve non si fa, ridurre tutto ad una funzione
primitiva, come ben dice Bartezzaghi, perché
non ci sarebbe più alcun bisogno di comunicare.
E la gentilezza è qualcosa che
dovremmo ancora custodire, non piegata all’individualismo e all’interesse come strumento
di manipolazione o di forza, non è la gentilezza del Il
Cortegiano di
Baldassarre Castiglione, dove leggiamo “ il fine dove tende e i mezzi che a quello condur lo possono”.
Non è il grazie delle lusinghe per guadagnare privilegi. Né il grazie per servilismo o adulazione, il dire grazie per ingraziarsi.
La gentilezza è soprattutto comunicazione, significa prestare attenzione all’altro
da noi, con queste due semplici parole “scusa e grazie” apriamo un ponte con
chi ci sta di fronte.
Il ponte non va infatti costruito solo verso chi ci ossequia, ci "serve", ci piace o semplicemente ci somiglia. Che bello sentirsi dire "grazie o scusa" anche se si è "nessuno" o non si è in perfetto accordo, quanto mortifica l'indifferenza, la dimenticanza... e quanta armonia procura, il dire "grazie o scusa", alla persona "giusta" e non a caso per ruffianeria, piacioneria o semplice noncuranza
Ci sono a mio avviso delle fondamenta alla base di ogni rapporto che andrebbero salvaguardate, cose che possono apparire “fronzoli”
di nessuna utilità, ma che appartengono a tutti e che rendono la società migliore. L’utile non rende sempre la politica sana e superiore, parlo di
politica nell’accezione più nobile, mi riferisco alla radice "polis" cioè città, intesa come prodotto e culla della cultura, penso al suo significato più antico e oramai perso e a politica come "comportamento".
L’estinzione di “scusa e grazie” sono per me il sintomo grave di una perdita di
valore e un pericoloso cammino verso l’ostilità e l’abbrutimento. Un pericoloso
viaggio all’indietro nel cammino dell’evoluzione.
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Scena tratta dal film Il pianeta delle scimmie di Franklin J. Schaffner, 1968 |
Perché, come diceva il Dr.
Honorious (Il Pianeta delle scimmie di Franklin
J. Schaffner), «Dotti giudici, il mio
compito è facile. Si basa sul nostro primo articolo della fede:
"L'Onnipotente creò la scimmia a sua immagine e somiglianza. Le dette
un'anima e una mente, e la volle separata dalle bestie della foresta. E la fece
padrona del pianeta." Sacre verità che sono di per sé manifeste. Lo studio
che si addice alle scimmie è quello della scimmia. Ma alcuni giovani cinici
hanno scelto lo studio dell'uomo. Sì... Scienziati perversi che avanzano
un'insidiosa teoria chiamata... "Evoluzione"!»
Uh, uh, uh…
Grazie per il video a nutolina
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