venerdì 12 settembre 2014

Morte di una maschera: la fine ridicola di Angelo Fortunato Formiggini.

Angelo Fortunato Formiggini
La mattina del 29 novembre del 1938, da un’altezza di 86 metri, l’editore modenese Angelo Fortunato Formiggini si lancia nel vuoto. Compie così l’ultimo atto e realizza “La divina farsa. Ovvero la descensione ad inferos di Formaggino da Modena” come ebbe a intitolare un poemetto che scrisse e pubblicò adolescente durante gli anni del liceo.

Sembrerebbe un epilogo! Ma una storia richiede l’incipit, anzi (uso le parole di Traversetti) “l'esplosione semantica che genera e avvia il cosmo romanzesco”.

Esplosione semantica.
Serata Bai Nait, la voce di Elisabeth Mantovani ci guida lungo le vie dell'ex ghetto di Modena. Puoi vivere per anni in una città, esserci nato, ma ci sono luoghi che restano invisibili, pur attraversandoli due volte al giorno. Siamo ipovedenti per indole. Così non riesco mai a trattenermi ad una visita guidata. Mi piace Elisabeth, così diversa e lontana da me, è la mia aspettativa di una scoperta. Lei avanti e noi tutti dietro a inseguirla, ora in ordine, ora sparpagliati, che pendiamo dalle sue labbra.  I cancelli per rinchiudere gli ebrei, vicolo Squallore senza uscita, senza porte, né portoni, alte inferriate alle finestre e le case che si avvicinavano sempre più al cielo, cinque anche sei piani, erano tanti gli ebrei e lo spazio poco.
Modena, vicolo Squallore
 Alle 23 chiudiamo la visita alla Modena ebraica sotto la torre campanaria del Duomo di Modena, la Ghirlandina. Precisamente sotto la targa  “al tvajol ed Furmajin” (trad. il tovagliolo di formaggino), una lapide in ricordo di Angelo Fortunato Formiggini, ebreo e suicida.

Modena, piazza Torre - "Lapide ad A. F. Formiggini"
Angelo Fortunato Formiggini in quella mattina di novembre del 1938 sale sulla Ghirlandina, uno scalino dopo l’altro per lanciarsi nel vuoto e si schianta nel limitato spazio tra la Torre e la statua del Tassoni, un suicidio programmato da mesi. È lui stesso a chiedere, in una delle ultime lettere, di chiamare quel quadrato “al tvajol ed Furmajin”. Chiude la sua personale battaglia contro le leggi razziali e la propaganda antisemita con umorismo, così come era vissuto.


Modena, piazza Torre "la Ghirlandina e il Tassoni"
Cosmo romanzesco.
È nell’istante stesso in cui sento il tonfo (visione) ho davanti agli occhi… Mishima. Proprio lui, lo scrittore, l’attore Yukio Mishima che con grande teatralità, fa seppuku in diretta televisiva, un suicidio studiato e mediatico diremmo oggi. E nel suo ultimo biglietto scrive «La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre.»
Amato da molti, chi non ha letto Mishima, chi non conosce Mishima, l’uomo che si toglie la vita per testimoniare il suo dissenso al trattato di San Francisco, l’uomo che grida “c’è un valore più grande della vita… È il Giappone”.

Nessun paragone, nessun paragone, non inorridite! Ma per me è inevitabile.  Formiggini e la sua ultima frase, nessun pathos eterno, nessuna ostentazione decadente, solo un ridicolo “tovagliolo di Formaggino”.

E in quella mattina la morte di questo italiano, ops! Dovrei dire ebreo? 
La sua morte fu silenziosa e silenziosa è la sua esistenza postuma. Eppure fu un uomo dalle grandi passioni, “si nasce editori come si nasce poeti” diceva, e lui fu molte cose. Fu un sognatore goliardico, sognò una rivoluzione gaudente dove la cultura schiacciava la politica ridendone di essa.
“Nulla è più umano del ridere, nulla è più fautore di affratellamento in questo mondo di cani ringhiosi” … “non vi potrà essere fraternità se vi sarà oppressione di un popolo sull'altro, ma nemmeno se non ci sarà comunione di cultura tra i popoli. E converrà soprattutto che i popoli si conoscano nei loro aspetti simpatici ed umani” … “I giovani studiosi non debbono essere politicanti, ma il liceo è come la porta della vita, varcata la quale ciascheduno ha, non il diritto soltanto, ma anche il dovere di portare il proprio contributo di idee e di idealità alla cosa pubblica” … “i migliori frutti si potranno ottenere quanto più si educheranno i giovani al senso della tolleranza e del rispetto per tutte le opinioni e le credenze che si agitano e si urtano nel perenne dibattito che è proprio della nostra vita".
Parole senza tempo, perché a distanza di 100 anni, più o meno, valgono ancora, valgono adesso.
Nel suo umanesimo buono non coglie appieno il fascismo, come direbbero oggi era un utopista del fare. Un “cuion”! È così no? «Un coglione». La sento spesso questa parola, solitamente a braccetto  con “buono”, “onesto”, “leale”.

Quest’uomo ingenuo e beffardo fonda nel 1908 la casa editrice Formiggini, lancia la collana «I classici del ridere», con pubblicazioni che vanno dalla Prima giornata del Decameron al Gargantua di Rabelais, da Gulliver all’Asino d'oro di Apuleio.


"Classici del Ridere" - Formiggini Editore
“L'Italia che scrive” è il suo periodico mensile d'informazione libraria, dove oltre a segnalare le novità editoriali cura i profili degli scrittori, qualcosa di unico per il periodo. Siamo nel 1918 e le sue energie lo portano a costituire la biblioteca dell’umorismo, "considero il ridere come un fresco e lieto segno di vita che gli dei hanno concesso agli uomini". Nel ’21 istituisce la Fondazione Leonardo per la cultura ed avvia il progetto per la realizzazione della Grande Enciclopedia Italica. Tutto tanto per ridere!

Progetto che non avrà mai l’approvazione del ministro Gentile, anzi accusa Formiggini di irregolarità e  la Fondazione con tutto il suo patrimonio viene assorbita dall'Istituto Nazionale Fascista di Cultura. Il progetto di Formiggini verrà realizzato da Giovanni Treccani.
Formiggini scrive “La ficozza* filosofica del fascismo e la marcia sulla Leonardo”(*bernoccolo), una satira contro Gentile, che peraltro favorì il Treccani, amara e allo stesso tempo beffarda. Angelo Fortunato Formiggini era così. Un italiano che non si rese conto di essere divenuto ebreo.


"La vita è bella" di Roberto Benigni
Un intellettuale con una grave macchia: essere ebreo e credere nella forza dei libri. E cosa ancor più disdicevole faceva tutto questo ridendo.
Così anche nel suo ultimo giorno, a testimoniare il suo dissenso al fascismo ed alle leggi antisemite, questo modenese di sette cotte gridò senza dirlo “c’è un valore più grande della vita… È la Cultura” e rise l’Angelo (s)Fortunato sventolando alla ficozza fascista il tovagliolo di Formaggino.

  

2 commenti :

  1. Grande personaggio, grazie di averlo ricordato. Certo che vicolo Squallore dice tutto :-/

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  2. Allora le porte nel vicolo erano murate. Oggi quei portoni sono aperti o almeno... sembrano aperti.

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