venerdì 23 marzo 2018

Kaspar Hauser, misteri irrisolti nell'era delle parole.



Non ho ancora capito se imparando più parole riuscirò a capir meglio le cose.
Ognuno per sé e Dio contro tutti (L'enigma di Kaspar Hauser), Werner Herzog


Forse ricordate un giovanissimo Leonardo DiCaprio diretto da Randall Wallace nel film La maschera di ferro, ispirato al romanzo Il visconte di Bragelonne di Alexandre Dumas.

Il film narra la storia di Filippo, gemello omozigote di re Luigi XIV, fatto rinchiudere in giovanissima età in una prigione, su ordine di Luigi XIII,  e costretto ad indossare una maschera di ferro.


la maschera di ferro-leonardo dicaprio


Parte della storiografia ritiene che non si tratti di sola finzione letteraria, ma di un prigioniero realmente esistito. Che poi si sia trattato proprio del Re Sole francamente non saprei e non è di questo che voglio parlarvi, mi è venuta in mente La maschera di ferro forse per qualche affinità con un’altra storia, una storia vera, reale, un giallo che farebbe esultare i conduttori di talk show, perché certe storie si prestano molto alla spettacolarizzazione e alla fantasia, tale è la vicenda del giovane Kaspar Hauser.

Ma chi è Kaspar Hauser, il "Fanciullo d’Europa"?

Raccontare di certi fatti non è semplice con le parole, sicuramente è il cinema che riesce  a creare un'illusione di realtà rendendo le emozioni in movimento e su Kaspar Hauser di film e opere teatrali ne sono stati realizzati parecchi da Herzog al nostro Davide Manuli per citarne solo alcuni, i libri e gli articoli si contano in “mila”, componimenti poetici e musicali e dal 1998 ad  Ansbach  si tiene ogni due anni il Kaspar Hauser Festival. Capirete che la “faccenda” KH non è certo di poco conto.

Il caso di Kaspar Hauser è un giallo, ma di quelli insoluti, con tutti gli ingredienti di un vero e proprio romanzo.

Kaspar Hauser appare dal nulla il 26 maggio 1828 in una piazza di Norimberga, ha un’età tra i 16 e i 17 anni, è incerto, smarrito, cammina a fatica,  indossa abiti da contadino e tiene in mano un biglietto indirizzato al capitano del reggimento di cavalleria. Non parla, condotto dal magistrato ripete una sorta di cantilena: «Vorrei diventare come mio padre». Non ha linguaggio, la vista della carne lo disgusta, i suoni lo spaventano, piange, si lamenta, sorride. È un bambino nel corpo di un adulto.


Kaspar Hauser, disegno di Johann Georg Laminit - 1828


Secondo il biglietto che porta con sé è nato il 30 aprile 1812 da una relazione tra una domestica e un militare di cavalleria e affidato alle cure di un contadino, dalla lunga e lenta ricostruzione venne fuori che aveva vissuto a pane e acqua rinchiuso in una cella.

Il trovatello misterioso, ribattezzato il Fanciullo d’Europa, non era né idiota, né squilibrato,  piuttosto privo di qualunque educazione e contatto con il mondo esterno. Una vicenda inquietante che attirò non solo la curiosità della gente, che arrivava da ogni parte per vedere “il selvaggio rinchiuso in una cella”, ma soprattutto l’attenzione di scienziati e personaggi illustri, un vero e proprio mistero. Vi state chiedendo cosa c’è di misterioso, ebbene la storia è molto più complessa di come io schematicamente l’ho riassunta.


Uno degli acquerelli realizzati da Kaspar Hauser - 1829


Il  giovane Kaspar Hauser, che passa da un affidatario all’altro, dalle cure e gli insegnamenti del prof. Georg Friedrich Daumer, all’ospitalità del presidente della Corte Suprema Anselm von Feuerbach e in seguito con il suo nuovo insegnante Johann Georg Mayer, subì diversi attentati, quello fatale nel dicembre del 1933,  venne attirato in un parco e pugnalato, morirà pochi giorni dopo all’età di 21 anni.




Anche Feuerbach muore nello stesso anno, si vocifera avvelenato per l’interesse alla vicenda di Kaspar Hauser che aveva seguito con interesse e perizia raccogliendo in un volume la singolare storia, lo stesso Kaspar qualche anno prima, al tempo del primo attentato, parlava di una sua possibile biografia.
Possono delle memorie allarmare a tal punto qualcuno da spingerlo a commissionare degli omicidi?


Kaspar Hauser, pastello di Johann Lorenz Kreul - 1830

Può essere! E se ciò è possibile ritorniamo alla mio interrogativo iniziale: Ma chi è Kaspar Hauser, il “Fanciullo d’Europa” e quali scomode verità nascondeva?

Per alcuni Kaspar Hauser era il legittimo erede al trono di Baden, nato nel 1812 figlio primogenito del granduca Karl e della moglie Stéphanie de Beauharnais, figlia adottiva di Napoleone. Questa la conclusione a cui era giunto il giurista Anselm von Feuerbach e proprio per questo forse avvelenato. Veri e propri intrighi di corte... 


Anselm von Feuerbach


Adesso credo sia più chiaro il mio rimando a La maschera di ferro, ci troviamo di fronte ad un ingarbugliato giallo che potrebbe avere come sfondo le macchinazioni dinastiche della casata Baden e come vittima di movimentate vicende politiche l’innocente Kaspar.

Nell’Archivio di Stato di Monaco esistono ben 49 volumi di incartamenti giudiziari sulla vicenda di Kaspar Hauser, la questione se Kaspar fosse o meno un principe del Baden resta ancora oggi insoluta. Gli indumenti, tra cui il pantalone che indossava al momento dell’attentato, conservati al Museo Markgrafen di Ansbach sono stati sottoposti ad accurati esami e dal DNA non è emerso nulla, bisogna anche tenere conto che si tratta di campioni compromessi.  “Il sangue prelevato dal pantalone pare che nel corso degli anni sia stato per così dire “ravvivato” con l’aggiunta di altro sangue per mantenere l’effetto drammatico.”




Ci vorrebbe la squadra di investigatori forensi della scientifica di Las Vegas, ma anche CSI è un "film" e se ho stuzzicato la vostra curiosità vi conviene iniziare leggendo il libro di Anselm von Feuerbach “Kaspar Hauser - Un delitto esemplare contro l’anima”, perché questa vicenda non è solo cronaca, complotto, colpo di scena, indizi e pregiudizi, ma anche compassione per un ragazzo che potrebbe essere un principe o secondo altri un “truffatore patologico affetto da disturbo di personalità istrionica”, comunque una vittima la cui storia è ben riassunta nella lapide eretta nel giardino dove fu accoltellato:
                        Hic occultus occulto occisus est                           
(Qui un tipo misterioso fu ucciso in modo misterioso)

Ma non era neanche di questo che volevo parlarvi, anche se la storia ho dovuto raccontarvela un po’, a Kaspar Hauser ho ripensato giorni fa durante una chiacchierata con dei miei cari amici, il tema era al solito di quelli leggeri leggeri. L’argomento vi sarà familiare: incomprensione, gli altri “questi sconosciuti”, parole fraintese e il peso che le parole hanno, verità e falsità, le cose non sono sempre come appaiono o come ci vengono raccontate, prigionieri dei luoghi comuni, la difficoltà di affrontare nuove realtà.


kaspar hauser


Il primo rimando è stato al “mito della caverna” di Platone: degli uomini incatenati in una caverna sotterranea sono costretti a guardare solo davanti a sé. Sul fondo della caverna, da un’apertura,  si riflettono le immagini del mondo esterno grazie ad un fuoco che rende possibile il proiettarsi delle forme. I prigionieri scambiano le ombre per la sola realtà esistente; se uno di essi riuscisse a liberarsi dalle catene e fuggisse all’esterno dapprima verrebbe abbagliato dalla luce per poi, lentamente, rendersi conto che la vera realtà non sono le ombre... (Ovviamente ho sintetizzato al massimo, le metafore sono molteplici e complesse, se ne avete voglia vi indirizzo per approfondire a Wikipedia qui)

Alcuni cambiamenti sono così lenti che non te ne accorgi, altri sono così veloci che non si accorgono di te.

Ashleigh Brilliant


A questo punto come non pensare all’innocenza (vera o presunta) di Kaspar Hauser che dalla buia cella si ritrova nella piazza di Ansbach, traballante e senza parole.

Concedetemi la mia personale chiave di lettura, Platone e Kaspar (per loro fortuna non sono tra noi) sono per così dire l’espediente per uno stupido ragionamento sul vivere (sopravvivere è più realistico), ma oramai lo sapete bene che i miei sono pensieri banali.

Quanti, e spero non chi sta leggendo, si sono trovati a misurarsi con i cambiamenti. Quando sopraggiunge un cambiamento può essere uno shock, immaginate di vivere in un determinato ambiente, con una vostra stabilità, di percepire e vivere il mondo esterno dal vostro spazio protetto e all’improvviso ritrovarvi come Kaspar o il prigioniero della caverna di Platone in mezzo ad una piazza sconosciuta. Tutte le vostre certezze svaniscono, tutto è estraneo, siete fragili e malfermi, quello che credevate reale non lo è, vi trovate di fronte ad altro, accecati e impauriti, la vera realtà non sono più le statuette, né le ombre che dal vostro spazio riparato credevate vere. Venite sommersi da voci e non sapete né cosa fare, né dove andare, supponete anche che le parole perdano il loro significato, non capite e non venite capiti. Spaventati? Direi di più: annientati!


Stunning Dream by JeeYoung Lee


Pensate alla perdita del lavoro, ad un ambiente ostile, pensate ancora alla perdita di affetti o all’incomprensione di questi ultimi, persone che vi sono care e all’improvviso vi abbandonano perché non vi riconoscono, pensate a chi cova rancore o odio verso di voi per un gesto o delle sciocche parole fraintese, pensate ad un sistema che non risponde alla vostra richiesta d’aiuto, anzi vi sotterra sotto cumuli di burocrazia, pensate a chi finge di ascoltarvi  e pronuncia parole dette a caso. Pensatevi soli al centro di uno spazio dove chiunque passi sa esattamente cosa dire, conosce tutto, ha una sentenza per tutto, parole a fiotti, solo parole però…

Un mondo fluttuante che avanza sopra una fune, stordito da una baraonda di schiamazzi, l’immagine potrebbe essere questa.

E sarà anche per questo che ho pensato a Kaspar Hauser o meglio alla commedia Kaspar scritta dal drammaturgo Peter Handke. La sua opera teatrale non segue la figura storica di Kaspar Hauser, piuttosto si concentra sulla persona di Kaspar e le sue “maschere” puntando i riflettori sulla lingua e il linguaggio. Non a caso il testo viene anche definito “la tortura delle parole”, oggi più che mai con una enorme capacità di “torturare” se pensiamo all’amplificazione dei nuovi media. Ebbene il Kaspar di Handke ci permette di “riflettere su come il linguaggio ci viene imposto da una società in cui il conformismo è la norma e il discorso ricevuto è uno sfruttamento quasi tirannico dell'individuo”, a questo punto basta “imitare le parole e le azioni di qualcun altro per affermare se stessi e allo stesso tempo negare se stessi”.




Così non ci servirà più conoscere, sapere e quindi pensare. Qualunque cambiamento, perdita, abbandono, non abbiate timore, non dovrete né avanzare, né retrocedere, non servono né verità, né menzogne, procedete per imitazione, pronunciate parole, magari belle, ad effetto o ancora meglio compiacenti, oppure banali, anzi oscure, perché no aggressive, soprattutto piene di luoghi comuni, fatelo con strategia e sicurezza, la voce ferma senza tremori. Perché siamo davvero in una nuova era, come nel Kaspar di  Peter Handke, riadattato da Werner Wass insieme a Nicola Danesi de Luca e Iacopo Fulgi (qui), la parola d’ordine è:
Dico ergo sum
(Dico dunque sono)




Commettete gesti d’amore!



  • Le immagini in questo post sono presenti solo a scopo illustrativo. Copyright dei rispettivi aventi diritto che ringrazio.

22 commenti :

  1. Un mistero che avvicina il mondo tedesco, sempre perfetto, sempre rigoroso, cristallino, ai misteri, alle nebbie e ai complotti all'italiana? Mi è venuto in mente leggendo di questa storia affascinante, della quale avevo solo qualche ricordo filmico (ne ha fatto un film anche Herzog negli anni '70). Ottima la citazione finale di Peter Handke, per me uno dei nostri intellettuali più importanti.

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    1. Infatti ho trovato perfetta proprio la citazione iniziale dal film di Herzog: Non ho ancora capito se imparando più parole riuscirò a capir meglio le cose.
      Forse ho sacrificato il senso del post dilungandomi sulla storia di Kaspar, è comunque una vicenda intricata. La mole di materiale è davvero enorme, poi si sa con certi "ingredienti" il salto alla leggenda è breve ;)

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  2. Sul finale sono d'accordo, oggi siamo nell'epoca del dire per essere. Dell'imitare, dell'omologarsi. E questo perché l'individualismo è stato seppellito, ci han fatto credere che fosse una bastardata da egoisti.

    Quanto alla vicenda che hai raccontato all'inizio, forse l'avevo sentita proprio legata al filosofo... Certo, stranissima questa cosa, da romanzo per davvero.

    Moz-

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    1. Consideriamo anche che all'epoca dei fatti gli strumenti investigativi erano davvero scarsi, solo verso la fine dell'800 vennero perfezionate alcune tecniche. Poi, come ho detto ad Alli, alcune storie si prestano bene ad essere "mitizzate", questa lo è di sicuro.
      Quelle delle parole è una piaga ahahahah Trascurando le parole a vanvera, vedi Fb e social vari, lo specchio più grottesco ci è dato dalla compagine politica. Forse per questo oggi mancano i grandi pensatori e leader, siamo in una arena per dare spettacolo.

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  3. Siamo "Uno, nessuno e centomila", ma anche "Personaggi in cerca d'autore" - scriveva profeticamente il mio conterraneo Luigi Pirandello. Inoltre, ciascuno/a di noi, come "Il fu Mattia Pascal" è sempre il defunto del se stesso di ieri. A mio avviso, il tuo blog dovrebbe essere premiato per cultura e originalità. Grazie. Buon fine settimana. Un abbraccio.

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    1. Ma non dirlo neppure, non faccio altro che riportare "parole":D La tua generosità mi commuove!
      E il rimando a un grande della letteratura, e con poche battute, dà sempre conferma della tua profondità e cultura. Ho citato proprio il dramma di Handke perchè, come lui evidenzia tra le righe, siamo tutti in un modo o nell'altro dei Kaspar.
      Grazie di cuore Maria. Un forte abbraccio anche a te.

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    2. Sono d'accordo! Qui scopro cose nuove e interessanti, e le tue riflessioni sono sempre stimolanti. Mi piacerebbe sedermi lì con te in salotto a fare due chiacchiere :-)

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    3. Ah, come lo vorrei anch'io Silvia. Sarebbe meraviglioso, grazie!
      In questo periodo riesco a malapena ad accendere il pc, ma organizzare un "incontro" si potrebbe anche pensare (ne avevamo parlato tanto tempo fa anche con Bibliomatilda). Anche noi come Kaspar usciamo dal virtuale e ci ritroviamo... Senza barcollare e senza cellulari in mano ahahahah (oggi avrebbe il cellulare, non certo il foglietto). Pensiamoci...

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  4. Ottimo e interessante post, molto bella la citazione iniziale.
    Serena domenica.

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    1. Grazie! E molto bello anche il film. La citazione l'ho trovata molto attuale ;)
      Serene feste Cavaliere

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  5. "Possono delle memorie allarmare a tal punto qualcuno da spingerlo a commissionare degli omicidi?".
    Certo che si può, la Storia è piena di omicidi su commissione, rapimenti e sparizioni su commissioni giusto per cancellare/negare la memoria di qualcosa o qualcuno.
    Sul "dico ergo sum" non sono d'accordo, semmai sarebbe "social ergo sum".
    Dire comporta un processo cerebrale troppo complesso per molte persone, quelle che poi gestiscono la loro intera vita sui social media che sono diventati il nuovo palcoscenico di oggi dove odio, violenze, discrminazioni e tutto questo genere di "bei comportamenti" spopola.
    Io resto per il vecchio "cogito ergo sum".
    Un abbraccio.

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    1. Anch'io sono antiquata ahahahah "Resto per il vecchio "cogito ergo sum".
      Concordo con te, che poi "l'essere social" si riduce ad uno sproloquio il più delle volte, per fortuna esistono le eccezioni, anche se la moltitudine del niente oscura le zone buone che ci sono.
      A volte "guardo" un susseguirsi di frasi fatte, slogan, parole senza un reale contenuto. E dici bene: odio, violenze, discriminazioni...
      In fondo, metaforicamente, possiamo anche guardare a Kaspar come la negazione dell'individuo e della sua "peculiarità".

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  6. Credo tu abbia toccato uno dei tasti più dolenti della nostra epoca, cara Santa. Quello di una società che paradossalmente si discosta dall'individuo stesso che la compone. Di una società che vuole "farci fuori" oppure "dentro", e se non ci ignora è solo perché non gli conviene. Belli o brutti, furbi o fessi, Apple o Samsung, in ogni caso colpevoli di esistere. Ma anche se mi inviti alla parola, in questo caso mi trattengo: non vorrei insozzare la tua delicata rappresentazione. Aggiungo solo che la tua abilità nello scoperchiare le teste è pari solo a quella di... Hannibal Lecter :) Buona primavera, carissima!

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    1. Tu, "insozzare"? conoscendo la tua sagacia, DOC, so che è una battuta.
      In buona parte siamo già stati "fatti fuori", non a caso (pensando al buon Lecter) questa è una società cannibale, anzi come cantavano i Guns n'Roses: A mass of confusion/Like the lies they sell to you...
      E a scanso di equivoci, non ho amici a cena ahahahah
      Grazie carissimo DOC, apprezzamenti che mi lasciano davvero senza parole, ma immeritati. E visto quello che ha combinato Pandora, meglio non scoperchiare niente ;)
      Anche a te un felice primavera, come vuoi tu :*

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  7. Un post straordinario che non lascia indifferenti. E' vero la paura del cambiamento può stravolgerci, ma non sono sicuro che il "Dico (per l maggior parte delle volte banalità) ergo sum" in cui molti si rifugiano possa reggersi su questo alibi. Credo che per molti sia il desiderio di mettersi una maschera non di ferro più leggera ed intercambiabile per essere come si vorrebbe essere o per liberare gli istinti aggressivi più feroci. E questo nel web poi è ancora più facile.

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    1. Come ha scritto Maria:"Uno, nessuno e centomila" e non da oggi. Certo, Daniele, la rete amplifica talmente tanto da stordirci. Senza considerare che tutto si trasforma in un bumerang, soprattutto su internet, quello che "lanciamo" ci ritorna...

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  8. Il "mio" Kaspar Hauser è senz'altro quello di Herzog. Meraviglioso! Rimanevo incantata a guardare la scena finale, il sogno di Kaspar prima di morire, perché per me non c'era mistero sulla sua personalità, era l'Innocente, era il diverso, diventato tale per sfortuna e per fortuna, vista la sua profonda sensibilità e la sua comprensione di quanto è importante nella vita umana. Aveva però, certamente subito più di una ingiustizia e da quel punto incontrato cattiveria e bontà.La prima, ovvio, prevalente, vista anche la sua morte. Riesce comunque a morire accudito, senza rinunciare all'immaginazione e al vedere al di là della realtà visibile a tutti gli altri. Io, come Kaspar Hauser mi ci sento eccome.. più o meno tutti i giorni. Imitare e dire parole di altri? A volte il rossetto di quel bel rosso acceso :-)

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    1. Bellissimo il film, concordo con te Bibliomatilda. Anche il libro di Anselm von Feuerbach coglie l'aspetto umano e soprattutto l'innocenza di questo ragazzo, forse una "storia" che è anche metafora dell'innocenza perduta.
      Sentirsi Kaspar? Non dirlo a me, e nella mia stessa situazione i numeri si fanno fatica a contare. Continuiamo ad avanzare barcollando con letterine in mano (paradossale) ;)

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  9. Hai colto perfettamente il segno e il senso in cui il mondo sta andando. QUindi non aggiungo parole, solo: ma che bel post! Grazie Santa :)

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    1. Grazie mille Cri, temo sempre di divagare troppo e perdere di vista l'essenziale.
      Immagina allora il mio stato... confusionale.
      :*

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  10. A monte che tutte queste problematiche legate alla parola sono nate da quando l'uomo esiste: non a caso si diceva verba volant, scripta manent perché la parola scritta ha un potere enorme.
    Se poi la si usa con leggerezza, a sproposito, per lanciare messaggi sbagliati... anche quello, purtroppo, è un retaggio dell'ignoranza.
    La parola è uno strumento e come tale bisogna saperlo utilizzare nel modo giusto, altrimenti ci ritroveremo pieni di tanti Kaspar ovvero di persone che vengono messe violentemente a tacere perché hanno il coraggio di dire ciò che pensano.
    Bel post!

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    1. Grazie davvero Ofelia, so quanto tutto questo ti sta a cuore e lo spazio che dedichi nel tuo blog.
      A volte è durissima camminare lungo un burrone senza sostegni, ti dico solo questo.
      Forse le immagini rendono molto di più, soprattutto quando dentro si ha un magma.

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