mercoledì 4 ottobre 2017

Hikikomori: i rinchiusi. Soli dentro la stanza e soli fuori.



«Mi chiedo che fine faremo.» Mi capita di essere tormentato da simili pensieri, ma in fin dei conti sono un fallito, uno hikikomori. Finché non toccherò il limite, ho deciso che continuerò a fuggire dalla realtà.
 Tatsuhiro Satō da Welcome to the NHK

Quando il mondo è in una stanza, il resto ovviamente resta fuori. E quando dico “fuori” intendo tutto, è una scelta estrema di isolamento che a farla sono soprattutto giovani e giovanissimi, di sicuro avrete sentito il termine hikikomori, viene usato in Giappone per indicare chi decide di abbandonare la vita sociale per confinarsi nella propria camera e vivere rinchiusi (letteralmente "stare in disparte, isolarsi", dalle parole hiku "tirare" e komoru "ritirarsi").

Avete presente la tartaruga? Difronte al pericolo ritira testa e zampe e si trincera nella corazza, è una reazione istintiva di autodifesa.





In Giappone ci sarebbero oltre un milione di giovani che per difendersi hanno scelto l’autoreclusione, se state pensando ad una faccenda tutta giapponese non è così, non lo è affatto. È una questione che tocca anche l’Europa e in Europa ci siamo anche noi.

In Italia? Ma va! Questo è il Bel Paese, semmai c'è da chiedersi: avete sentito il termine "tiratardi"? E invece si parla di 40 mila casi registrati.

Hikikomori Italia, la prima associazione italiana ad occuparsi e sensibilizzare sul problema, riferisce che “secondo alcune stime (non ufficiali) nel nostro (bel) paese ci sarebbero almeno 100.000 casi.” (qui)





Ma da cosa scappano queste migliaia di giovani? Torno alla tartaruga e al pericolo, come farebbe un animale “lento” a sfuggire ai predatori “veloci” senza difese? La risorsa della nostra tartaruga è proprio il suo guscio, barricarsi dentro per sopravvivere, altri animali, per così dire più deboli, sprigionano tossine, altri si mimetizzano, lei si rintana in casa, sembra la scelta più ovvia, anzi naturale.





Ma chi sono i predatori di questi ragazzi che invece di trasformarsi in Tartarughe Ninja sbarrano la porta della loro stanza? Ovviamente la realtà non è un fumetto e davanti al pericolo non ci trasformiamo in supereroi, né subiamo mutazioni genetiche, piuttosto ci paralizziamo o scappiamo, non sempre siamo capaci di affrontare la minaccia con discernimento, di analizzarla e di conseguenza prendere le giuste misure. È un fatto di esperienza, d’età, anche di carattere e questi giovani sicuramente hanno pochi strumenti per affrontare il più temibile dei nemici: la pressione.

Il nostro è un modello agonistico, fisici scolpiti, magrezza, carisma, neanche un brufolo ti viene perdonato, devi eccellere, a scuola, nel gruppo, nei social, devi essere “figo”. Veniamo bombardati da slogan patinati, realizzazione, successo. È l’era del tipo forte, del leader. È l’era del piacione!

Mostragli un po’ di debolezza e ti faranno a pezzi, puoi starne certo.
da Skins

Checchè se ne dica con l’evoluzione del pensiero, la nostra resta una catena alimentare, fatta di prede e predatori.
Se la gazzella avesse una camera dove stare al sicuro, non avrebbe più la necessità di correre più veloce del leone.

Che dirvi, ci sono volte in cui anch’io vorrei chiudermi in una stanza. Quest’estate nei giorni in cui tutti erano in vacanza mi sono ritrovata sola tra le quattro mura di casa e ho riflettuto parecchio sul perché si chiudono i contatti fisici col mondo esterno e si arriva all’estremo dell’autoreclusione. 



Alcuni dei giovani protagonisti della serie televisiva Skins


Il confronto con gli altri è sempre più pesante, vedo una società di mercato, impersonale, si da una grande importanza al successo, al denaro, all’apparire e in ogni situazione bisogna mostrarsi capaci, non sono ammesse le debolezze, né le cadute, devi essere sempre al top, si dice così. Una dimensione per narcisisti. Una delle frasi che mi terrorizza di più è: Se hai bisogno chiama! Che tradotto vuol dire: "Mi hai sentito oggi non mi sentirai mai più". Ecco, se vieni percepito come un peso, un "portatore di bisogni", taaac vieni espulso!

Microcosmi di solidarietà, di cooperazione, sparute oasi dove la qualità prevale sulla quantità, un’esistenza liquida dove ti dicono che anche il lavoro te lo devi “inventare”, ma senza strumenti, che devi avere ambizione (non quella sana), essere insolente, spregiudicato, che se non vuoi essere schiacciato devi schiacciare... 

Ditemi voi se non si ha voglia di “tapparsi” in casa dentro questa "giungla" distopica che finge la felicità e non si cominciano a fare pensieri che non si dovrebbero fare. 



Scena da Metropolis di Fritz Lang


Ma se un adolescente ha dei genitori che gli consentono il sostentamento, pagando le bollette e lasciando il cibo fuori dalla porta della camera, per un adulto è ben diverso, il necessario per la sopravvivenza deve procurarselo, altrimenti non gli resta che lasciarsi morire finite le riserve, quali esse siano. Ma non lo chiameremmo hikikomori, useremmo la parola “inetto”, diremmo che non ha obiettivi, progetti, anzi la frase più comune è: “Non ha le palle!”.

Ovviamente la definizione che "nella vita bisogna avere le palle" riguarda uomini e donne, che a voler essere precisi, dando seguito alle crociate, per me assurde, sulla parità di genere anche nella declinazione dei nomi, per le donne dovremmo dire: “nella vita bisogna avere le bocce”

Che poi ad esagerare, a forza di palle e palle e palle si rischia di venirne schiacciati. Non si vive di solo pa...lle!





Sto divagando, per cui lasciamo stare le “sfere” che, beate loro, sono l'unico solido geometrico a non avere differenze al loro interno.

Tornando al punto, luogo comune vuole che un “senza palle” non riesca ad affrontare le difficoltà, per immaturità o paura, di conseguenza invece di rimanere scappa, anzi si rintana.

Coraggio è essere spaventati a morte, ma montare comunque in sella.
John Wayne


Ma i Cowboy non ci sono quasi più e neanche le vacche di una volta, è tutto diverso, anche i “problemi” sono intricati, vengono fuori da talmente tante combinazioni di cause che a volerle prendere tutte in esame non ci si allontanerebbe più dalla scrivania e nascerebbero gli hikikomori degli hikikomori.
Mi gira un po’ la testa. 





Eh si, perché il problema non è solo la società nel suo insieme, in questo bisogno di chiusura anche la famiglia ha immancabilmente un ruolo centrale, l'interdipendenza tra madre e figlio e l'assenza di una figura paterna sono tra le cause dell'insorgenza di hikikomori negli adolescenti giapponesi.

“… Alcuni esperti, tra cui Tamaki Saitō, attribuiscono la causa del disagio oltre alla suddetta mancanza della figura paterna, al contesto familiare e sociale, fattori che contribuiscono allo sviluppo di un'interdipendenza e collusione fra madre e figlio, la quale, successivamente, si evolve in un sentimento di estrema dipendenza (甘え amae?), impedendo di fatto alla prole uno sviluppo psicologico autonomo. Il fenomeno infatti sembrerebbe verificarsi tra gli adolescenti maschi con madri troppo oppressive o al contrario totalmente assenti, ove il peso dell'educazione e del mantenimento dei figli ricade esclusivamente su queste ultime, le quali nel 95% dei casi ne assecondano l'isolamento, mentre il rischio che essi rimangano schiavi di tale simbiosi è accresciuto dal fatto che il padre raramente interviene come terzo elemento a separare la coppia madre-figlio.” (da Wikipedia qui )

Beh, su madri e padri ci sarebbe da scrivere un post a parte. Madri talmente amorevoli da costruire simulacri d'amore, dove la loro presenza non è mai abbastanza e l'affetto dei figli sempre troppo poco, tessono pericolose ragnatele di dipendenza tra vittimismo e solitudine per essere sempre e comunque indispensabili. Madri virago, autoritarie e frustrate. Madri e padri che non hanno tempo per il troppo lavoro o la fatica, distratti dai social, distratti dalla corsa al giovanilismo, permissivi, accondiscendenti e amiconi ruffiani. Padri mancanti per troppa immaturità o egoismo... Rapporti talmente aggrovigliati e confusi che non è possibile riassumere in poche righe e la vostra soglia di attenzione credo sia già al limite (almeno così dicono gli esperti) se non del tutto esaurita. Il tempo è denaro, bisogna essere veloci (altra pressione)...  Va bene, riprendo il filo del discorso. 





Dopo quanto detto sopra da Tamaki Saitō starete pensando che l’hikikomori è un fenomeno maschile, siete fuori strada, il numero delle donne hikikomori è sottostimato.  A spiegarlo sempre Marco Crepaldi di Hikikomori Italia:

"[…] Se un ragazzo non esce è considerato uno sfigato, se una ragazza non esce invece significa che è una con la testa a posto. E anche crescendo la situazione non cambia, è sempre l'uomo ad essere spinto a realizzarsi e ad avere una vita sociale attiva.
Mi viene in mente che una volta mi fecero una battuta: «Se un hikikomori è uno che se ne sta sempre chiuso in casa, allora di hikikomori donne sposate ne conosco a bizzeffe»"

Le donne hikikomori sono più di quello che pensiamo...  (qui)

Almeno qui possiamo stare tranquilli non c'è distinzione di genere, una distinzione invece va fatta tra Hikikomori e IAD. Sopratutto in Italia spesso si confonde l’hikikomori con il disturbo da dipendenza da Internet (IAD), ma questa non ne è la causa, semmai uno degli effetti della chiusura. Se il mondo è in una stanza non ti resta che il mouse per vedere senza essere visto, una “prigione” perfetta o un’uscita di sicurezza, in ogni caso l’unica forma di contatto con gli altri, quella meno spaventosa dell’interazione virtuale. Nella vastità del Web si può scegliere i contatti, restare anonimi, costruirsi un avatar e con un semplice reset azzerare tutto.

Questi ragazzi sembrano lo specchio dei nostri tempi, anzi direi l'antropomorfizzazione di un malessere largamente percepito: la solitudine.


Siamo iperconnessi e soli



Illustrazione satirica di Pawel Kuczynski


Mi tornano in mente due film, diversi sicuramente tra loro anche per tematiche, ma che meritano di essere visti. Thomas in Love del 2000 diretto da Pierre Paul Renders, girato interamente in soggettiva e Castaway On the Moon un film di Hae-jun Lee del 2009. 

Li ricordo perché sono un'inguaribile romantica e sicuramente mi piace pensare che un tocco d’amore può fare miracoli.

C'è anche una considerazione più pragmatica, Thomas ha un vitalizio che gli consente di vivere rinchiuso e la giovane Jung-yeon ha una madre che la mantiene.
Un povero o una famiglia povera non credo proprio avrà mai il problema dell’hikikomori
Adolescente o adulto che sei se non appartieni ad una classe agiata, ad una famiglia che in ogni caso tende a proteggerti, ti tocca andare a lavorare, quanto meno ti tocca uscire, se una casa ce l'hai, per andare a cercarlo il lavoro o se non altro a trovare qualcosa per sopravvivere.



Street art - Opera di Fra.Biancoshock


E qui s'innesca un'altra condizione tanto tragica quanto opposta all'hikikomori, quella dei giovani senza fissa dimora. Accomunati entrambi dall'emarginazione, quelli soli dentro la stanza e quelli soli fuori!

In Italia sono di sicuro andati molto oltre i 50 mila 724 senza tetto, rilevati dall'Istat nel 2014, di questi stando ad alcune analisi il 20 - 30%  sono giovani. Una moltitudine di 15 mila giovani soli per le strade. Leggi qui


Un'umanità che non esiste più 




In conclusione anche questa è la cosiddetta “società del benessere”, una società che ha saputo creare uno stile di vita impossibile e spietatamente crudele, oramai sembra di non vivere più, ma di esistere come consumatori, consumatori soli, colpiti da "malattie sempre più ambigue" e alla fine della fiera non ci accorgiamo neanche di essere stati “consumati”, chi fuori e chi dentro la stanza.

Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste e nulla più.
Oscar Wilde


Ben trovati! Vi siete presi cura di voi durante la mia assenza? Non essere egoisti è anche prendersi cura di sé stessi, pensare anche agli altri fa bene.
Non lasciamo che il mercato ci consumi e ci isoli sempre di più.
Bene, continuate a farlo, perché io continuerò a ripetervelo. Lo so, sono monotona. 

Abbiate cura di voi! 



  • In apertura post, scena da Castaway on the Moon.
  • Le immagini in questo post sono presenti solo a scopo illustrativo. Copyright dei rispettivi aventi diritto che ringrazio.




24 commenti :

  1. Il tuo post è molto esauriente e hai spiegato perfettamente il fenomeno. Purtroppo questo società è alla deriva totale, non esistono più valori, sono scomparsi totalmente, inoltre non si riesce più a socializzare tra le persone, anzi molte volte noto che se uno cerca un dialogo viene ignorato totalmente.
    L'umanità deve invertire questa rotta immediatamente, prima che sia tardi.
    Saluti a presto.

    PS

    A corredo del tuo post, inserisco questo link di una canzone di Moby:

    https://youtu.be/VASywEuqFd8

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Appunto! I "sistemi hanno fallito", grazie Cavaliere per le tue parole e il pezzo di Moby, che mi piace molto.
      Forse penserai che quello che sto per dirti ha poco a che fare, io penso di no.
      Mi capita di guardare per strada, nei quartieri, nei cortili e non vedo più bambini giocare, rincorrersi, anche azzuffarsi. Questo è un mondo dove manca fin dall'inizio il contatto, il toccarsi, si scappa da una parte all'altra senza soste e alla fine ci si accascia in un angolo... Schiacciati da verifiche e scadenze, ci siamo persi...

      Elimina
  2. Dopo aver letto questo tuo post una cosa mi chiedo ancora più di prima. E il domani? Che ne sarà del domani in generale?
    Se questi hikikomori che già son tanti aumentassero ancora (ed è possibile) che ne sarà del domani di tutti?
    La solitudine interiore diventerà sempre più prepotente, l'empatia sparirà, la socializzazione sarà parola arcaica e la vita... la vita forse andrà avanti perchè magari da questi hikikomori nasceranno altri come loro. Adultibambini, impauriti e incapaci di fare fronte alle necessità dell'esistenza.
    Grande prosettiva, non c'è che dire!
    Il legame tra genitori e figli è sempre forte e così deve essere ma bisogna renderi conto che i figli non sono un nostro alter ego. Sono parte di noi ma non noi. Devono vivere la loro vita. Noi genitori dobbiamo mollare (scusa il termine) il guinzaglio e lasciarli correre per la loro strada.
    Educhiamo prima i genitori? Prima le mamme egoiste?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono cambiate le dinamiche cara Patricia, si parla di famiglie allargate, ma credo si siano ristrette le condivisioni, pare tutto inversamente proporzionale.
      Ci interfacciamo più con i monitor che con le persone, e io amo la tecnologia, questo non vuole però dire privilegiarla a discapito dell'"umanità", dovrebbe essere un accrescimento.
      Io continuo a ripetere che siamo schiavi del mercato, abbiamo trasformato tutto in un ipermercato, anche le relazioni, i rapporti, sembrano piegarsi alla logica del consumo.
      Oggi si ha la percezione di vivere bene, ma credo sia più una spasmodica corsa verso l'"avere cose", più un discorso di quantità che di qualità, ma dobbiamo andare troppo di corsa per rendercene conto.
      Non riesco a vedere prospettive, non so come potrà essere il futuro, forse arriveremo ad una situazione di "bolla" e poi... Rinsaviamo? Precipitiamo?
      Certo è che molto andrebbe recuperato.
      Mi piace essere fiduciosa...

      Elimina
    2. Famiglie allargate ma ristrette. Vero! Perchè egoiste, distratte, troppo prese dall'individualità che ci mente a volte. Come dici tu sembra o vogliamo convincerci che stiamo meglio ma la mancanza di veri rapporti umani, quelli occhi negli occhi di fronte ad un caffè, lascia dei vuoti che il web non può colmare.
      Sì, qualcosa da salvare c'è nell'oggi ma c'è tanto di più da recuperare nello ieri.

      Elimina
    3. La pensiamo allo stesso modo, proprio in un commento all'analisi di DOC ho parlato di famiglie "sovrapposte", non certo allargate e dell'importanza del dare al tempo il suo giusto posto. Così come la necessità di maggiori contatti umani, io di fronte ad un bicchiere di vino, ma il "succo" non cambia l'intenzione ;)
      A volte è un peccato essere così distanti, ma poter condividere, anche o solo nel Web, colma il vuoto lasciato dalla vita "fisica" che di vuoti oramai ne ha parecchi.
      Cerchiamo di prendere il meglio da tutto, quantomeno proviamoci, perché il peggio ha dalla sua la lusinga.
      Buon fine settimana Patricia.

      Elimina
  3. Io un pochettino hikikomori lo sono.
    Anzi ci fu un certo periodo della mia vita, anche abbastanza lungo, quando praticamente non uscii mai di casa.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Molti di noi And attraversano fasi di chiusura, di non accettazione, paura o rifiuto... Ma credo che una scelta estrema e totale sia frutto di un malessere molto complesso, in fondo siamo animali sociali, siamo portati a vivere in gruppo. Qui la scelta "solitaria", appare più obbligata, una sorta di difesa, ovviamente con le dovute eccezioni.
      Amo stare all'aria aperta, passeggiare, godere di ciò che mi circonda, condividere anche con gli altri e al contempo vorrei sigillarmi in una stanza. Perchè? Perchè spesso non mi riconosco, non mi ritrovo, non mi piace ciò che vedo e con cui devo necessariamente relazionarmi...

      Elimina
  4. Cara anta, viviamo oggi in un mondo che vuol fare esperimenti di vario genere, io penso che non so dove si voglia arrivare!!!
    Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Forse si è persa la semplicità del vivere Tomaso, forse siamo troppo occupati a "sopravvivere" per accorgerci che ci stiamo ammalando. Forse dovremmo fermarci a riflettere un po'... E anche i sorrisi fanno bene :)
      Un forte abbraccio anche a te e un sereno fine settimana.

      Elimina
  5. Anche io per lungo tempo sono stata "agli arresti domiciliari" volontari, e se uscivo per qualcosa di indispensabile, sentivo l'urgenza, il bisogno di tornare a casa. Ora esco poco, ma la situazione è meno pesante �� Valeria

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Valeria, grazie per le tue parole e per essere qui. Non deve essere facile "esporsi" anche se virtualmente, quando stiamo male diventa ancora più difficile aprirsi, per pudore e per paura di essere giudicati e non compresi, commiserati anche.
      Sono felice, concedimelo, che adesso la tua situazione sia meno pesante, l'importante che tu stia bene con te stessa, che ti prenda cura di te e ogni tanto lasciati andare agli altri "come per farti aiutare", magari non sono in grado di farlo, ma potresti scoprire che ci sono persone meravigliose, forse non sotto casa, un po' più lontano, la bellezza del web è anche questa e che non sempre il "gruppo" dobbiamo subirlo, possiamo anche costruirlo e sceglierlo.
      Quando hai voglia di passare qui è sempre aperto. Sono un po' lenta, un po' ghost, ma ci sono XD
      Un abbraccio :*

      Elimina
  6. Bellissimo post, Santa. Sempre stata un'allegra e socievole solitaria. Credo che moltissimo dipenda, come detto nell'articolo dall'atteggiamento dei genitori nel radicarsi del problema e credo anche che essere genitori in quest'epoca sia estremamente difficile. Tutto si sta complicando nella ricerca, pubblica, della semplificazione. Pensare agli altri fa bene, è vero, anche se anche da quell'attività, di tanto in tanto si devono prendere le distanze, altrimenti, pure quello diventa motivo della trasformazione in hikikomori :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Bibliomatilda, ti voglio bene! E prendo in prestito la tua definizione, "allegra e socievole solitaria", con l'aggiunta di ironica, perchè a volte dobbiamo prendere un po' le distanze anche da noi stessi ;)
      Forse in passato era meno complicato, le relazioni genitori e figli si basavano anche sul silenzio e la deferenza, sembra non ci possa mai essere equilibrio. Di sicuro sbaglio, ma ho la convinzione che abbiamo sotterrato la nostra parte migliore, quella animale, l'essere dotati di parola e di pensieri complessi non ci ha giovato un gran che a vedere i risultati...
      Ti abbraccio.

      Elimina
  7. Parlando di giovani e giovanissimi, cara Santa, mi vengono in mente gli spot e i servizi sulle missioni umanitarie, dall'Africa in poi passando per Lampedusa. Vedi questi ragazzini che hanno poco o niente, eppure sorridono, giocano per la strada e socializzano con i coetanei e con gli adulti, malgrado la polvere che gli annebbia il futuro. All'estremo opposto, tre dodicenni vestiti come Nike comanda, al tavolino del McDonaldTrump di una qualunque metropoli, visibilmente annichiliti e strafottenti, generalmente silenziosi, imperturbabili e totalmente immersi nel magico mondo dell'iPhone. Gli adulti? Un misto di finto timore, lagnosa sottomissione e comoda impotenza verso questi nuovi mostri da essi generati e poi "sfuggiti" al controllo (se i giovani si chiudono in un guscio tanto meglio: una rottura di palle in meno). Il cosiddetto gap generazionale, in brevissimo tempo, è schizzato: se prima il divario interessava nonni e nipoti - 60 anni -, oggi 20 anni tra genitore e figlio sono già ai limiti della sostenibilità. Incomprensione prima e indifferenza poi, quindi, col dis-valore aggiunto di varchi dimensionali che si impongono ferocemente come alternativa (anziché prolunga) per la gioia di affaristi senza scrupoli, nella micro-società familiare come in quella "macro" di un mondo esterno oggi più che mai spietato; queste, a mio avviso, le principali cause di devastanti fenomeni come quello che - nel tuo solito mirabile stile a 361° - qui ci descrivi. Detto ciò, scusa il fiume di parole (frutto dell'ottimo dibattito che ci offri :) e buone produzioni.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Carissimo Doc, il tuo commento meriterebbe un'analisi a 361°. Come per i tuoi post, anche qui solleciti a mille e più mille considerazioni. Ti scrivo di getto, non si dovrebbe, i guru del web dicono di fare attenzione, le risposte sono importanti, come vedi tutto diventa macchinoso, anche la spontaneità e l'errore (umano) non sono più ammessi. Ti chiederai cosa ci azzecca, ci azzecca la spontaneità, i ragazzini che hanno poco o niente non seguono modelli standardizzati vivono ancora nella "comunità". Non hanno bisogno della psicoterapia per affrontare loro stessi e gli altri, un po' come accadeva nelle famiglie allargate di un tempo, conflitti, gioie, passioni, paure, venivano condivise, sfumate, assorbite e anche taciute, perché no, non sempre si deve parlare di tutto. Trovo infatti improprio l'uso di questo termine nel nostro vissuto. Più che di "allargate", parlerei di "sovrapposte", e tutto questo in corsa, come bene rimarchi nella tua disamina, e nel frastuono. Mi è sempre piaciuto l'adagio: c'è un tempo per ogni cosa. Ma è andato perduto, ora siamo nella c.d. era multitasking, che è propria del mercato, della produzione, siamo più "merce" che persone. E questo si riflette nella crescita, nelle relazioni, nei bisogni, nel momento in cui non reggi la catena, esplodi o implodi, non saprei, ho un flash di Tempi moderni di Chaplin.
      Sicuramente ti apparirò disconnessa in questa che non vuole essere assolutamente una risposta, più una suggestione nata dalle tue parole e di questo ti ringrazio, anche se il luogo virtuale limita.
      Ecco vedi, queste sarebbero straordinarie conversazioni davanti a un bicchiere di vino senza orologio, forse dovremmo ricominciare proprio da questo, dal dare giusto valore al tempo e alla spontaneità. Ma forse sono deliri nottambuli. Di sicuro però ti esprimerei la mia gratitudine per i tuoi generosi apprezzamenti :D
      Un caro saluto

      Elimina
  8. Ho letto questo articolo qualche giorno fa, sono indietro, scusa.
    Dunque, è un fenomeno particolare ma terribile.
    Mi ha colpito molto la questione femminile, come se fossero ancora più invisibili perché tanto il "non uscire", per una donna, dovrebbe essere normale :/

    Mi è molto piaciuto il post di Riccardo, qui sopra.
    In fondo, non siamo tutti chiusi nel nostro mondo?
    Anche il blogging potrebbe essere una stanza...

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Buongiorno Moz, scusarti di cosa? Sono io a dovermi fare perdonare da te e da tutti gli amici blogger per essere quasi assente... Forse non a caso ho parlato di questo argomento, della pressione, direi troppa.
      Delle estremizzazioni e di una modernità solo apparente, vedi la condizione femminile, vedi le nuove schiavitù. Se vieni espulso dal sistema o ti isoli o vieni schiavizzato.
      Il bloggin è una stanza, ma io la percepisco aperta, anzi la definisco la mia "uscita di sicurezza" e anche se con grande fatica cerco di tenerla "aperta".
      Perchè possiamo non ritrovarci con quello che ci circonda, ma abbiamo imparato che il mondo va oltre Le Colonne d'Ercole o forse lo abbiamo dimenticato...

      Elimina
  9. Avevo sentito parlare di questo fenomeno, ma in modo molto superficiale, e pensavo che fosse una delle tante "stranezze" del Giappone. E invece è un problema molto più diffuso di quanto si creda, anche se per eccellenza invisibile. Grazie Santa di averlo reso un po' più visibile.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Buongiorno Silvia, come al solito avrei voluto parlare di bellezza, ma questa società produce molte storture e a volte poco si parla di quelle che vengono definite "malattie ambigue".
      La solitudine è uno dei risultati, si dovrebbe scaravoltare l'intero sistema, si dovrebbe, ma molto è invisibile, e lo dici bene: "per eccellenza", oltretutto la percezione è quella del benessere. I malati diventano così coloro che si isolano, non certo chi o cosa li spinge a "chiudersi", ed è più semplice liquidare "la malattia" piuttosto che agire ed intervenire sulla causa...

      Elimina
  10. Alzo la manina! Sto appunto studiando il modo di lavorare e fare la spesa da casa. Grazie internet per esserci sempre, cioè quando la connessione non salta. Naturalmente comunico col mondo, ma solo con chi voglio.Ciò impiegato anni anche per far smettere alle persone di chiamarmi, sopratutto a quelle che si lanciavano in complimenti sperticati prima di chiedermi l'ennesimo favore. Non parliamo, poi, di quelli "se hai bisogno, chiama" mi son beccata nella vita anche un "se hai bisogno di una finestra del terzo piano da cui buttarti fatti sentire". Alla faccia sua sono ancora qui, e vi vo meglio senza certe persone.
    Quanto al rifugio di internet, devo dire che all'inizio era proprio un rifugio, poi come sempre il nostro giocattolo e stato preso e stravolto da quelli che citi (devi esserci, devi apparire, devi sbrigarti ecc) che hanno inventato i cosidetti social. Giusto per farci sentire insicuri anche nel nostro rifugio. Ma vaffa...
    Personalmente, però, mi piace aver esplorato il mondo, prima di decidere definitivamente che, personalmente, sto meglio chiusa in casa (ma con qualche finestra aperta su altri reclusi con cui mi trovo bene) a coltivare il mio orticello ;) quindi un po' mi dispiace per gli hikikomori adolescenti figli di papà che non sanno cosa si perdono e anche per i figli di papà che hanno mille attività fuori casa e la sera sono più stanchi di quei poveri figli che sin da giovani devono lavorare per mantenere la famiglia (per mantenere i genitori, non i figli!). Per i ricchi come per i poveri, però, la vita sarà così fino alla morte, che noia. Meglio noi nel mezzo, che ne abbiamo sempre una nuova e diversa ^_^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Buongiorno cara Elle, ed è bello trovare la tua finestra aperta (trovarti e ritrovarti). Ciaooooooooooo, è lungo perchè non siamo proprio dirimpettaie :)
      Se ci pensi Elle, il Web è gestito da noi e logicamente ci portiamo dietro tutto il nostro bagaglio e finiamo per renderlo simile alla vita c.d. reale, chi lo usa per lavoro tenderà a massimizzare i profitti, ragion per cui ne fa un mercato e diventiamo anche qui merce. Le finalità saranno diverse, ma il succo non cambia. Come ho già scritto, il bello è che apre la possibilità di confrontarsi e conoscere persone diverse che altrimenti non avremmo modo d'incontrare. E anche qui esistono "le maschere", l'anonimato non evita certo la finzione o la "pressione" o le "meschinità" tipicamente umane, ma come hai fatto tu si può sempre, con un clic, azzerare tutto.
      Abbiamo reso la vita estremamente difficile, il meccanismo di leve tra ricchezza e potere ci ha trasformato in burattini e l'isolamento non è altro che uno dei risultati nefasti.
      Prima i giovani avevano ideali, sogni da condividere, curiosità, c'era l'ansia di crescere, adesso si è tutto mercificato. Ricchi o poveri cambia poco, gli uni devono essere i primi della classe, gli altri devono sopravvivere a ogni costo.
      Sono malattie "interclasse", in modi diversi sicuramente, ma oppressi allo stesso modo.
      Spero il paragone che sto per farti non ti sconcerti, ma trovo poca differenza tra i ragazzini delle miniere di cobalto e i figli del benessere, schiavi entrambi e con poche possibilità di "fuga".
      Forse sbaglio io e farnetico, ma se penso al fragile Leopardi, benestante, che ha trovato rifugio nella poesia e ci ha regalato versi immortali, e al ricco figlio di papà, odierno, che si annienta di coca e festini, mi viene il magone. Il dispiacere sale fino a diventare rabbia pensando a quei ragazzi che s'infilano in un buco per un pezzo di pane e ripagare il debito di una fatiscente baracca, convinti di essere liberi.
      È complicato parlarne, troppe cause e concause, beh una cosa è certa, come dici tu alla fine della fiera si muore o forse si muore prima, ma da morti non ci si può rendere conto di esserlo :**

      Elimina
  11. Il tuo non è un post. E' un ottimo reportage giornalistico. E' una finestra sul mondo, finestra che consente di mettere a fuoco a ... 361 ° il triste panorama attuale. Grazie. Un abbraccio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Maria, un gran complimento detto da te. Credo anche che con la tua profonda sensibilità vieni messa a dura prova, nel tuo lavoro cammini fianco a fianco con le "sofferenze" dei più giovani, quelli più esposti ai mali di questo vivere...
      Per cui ti auguro davvero buon lavoro Maria.
      Un forte abbraccio e una serena domenica.

      Elimina

Torna su