L’otto marzo la terra trema. Le
donne del mondo si uniscono e lanciano una prova di forza e un grido comune:
sciopero internazionale delle donne. Ci fermiamo. Scioperiamo, ci organizziamo
e ci incontriamo tra di noi. Mettiamo in pratica il mondo in cui vogliamo
vivere.
#NoiScioperiamo
Che il capitale sfrutta le nostre economie
informali, precarie e intermittenti.
Che gli stati nazionali e il mercato ci sfruttano
quando ci indebitano.
Che gli Stati criminalizzano i nostri movimenti
migratori.
Che guadagniamo meno degli uomini e che il divario
salariale tocca, in media, il 27%.
Che non si riconosce il fatto che il lavoro
domestico e di cura è lavoro non retribuito, che si somma mediamente per 3 ore
in più alle nostre giornate lavorative.
Che questa violenza economica aumenta la nostra
vulnerabilità di fronte alla violenza maschile, di cui l’atto estremo più aberrante
sono i femminicidi.
Scioperiamo per reclamare il diritto all’aborto
libero e perché nessuna sia obbligata alla maternità.
Scioperiamo per rendere visibile che se i lavori di
cura non diventano responsabilità di tutta la società noi ci vediamo obbligate
a riprodurre lo sfruttamento classista e coloniale tra donne. Per andare a
lavorare dipendiamo da altre donne. Per spostarci dipendiamo da altre donne.
Scioperiamo per valorizzare il lavoro invisibilizzato che
facciamo, che costruisce reti, sostegno e strategie vitali in contesti
difficili e di crisi.
↓
Continua su Non Una Di Meno qui
[…]
L’8 marzo quindi incrociamo le
braccia interrompendo ogni attività produttiva e riproduttiva: la violenza
maschile contro le donne non si combatte con l’inasprimento delle pene ‒ come
l’ergastolo per gli autori dei femminicidi in discussione alla Camera ‒ ma con
una trasformazione radicale della società. Scendiamo in strada ancora una volta
in tutte le città con cortei, assemblee nello spazio pubblico, manifestazioni
creative.
8 punti per l’8 marzo: non un’ora
meno di sciopero!
Scioperiamo perché
↓
[…] Mi sorge la stessa domanda,
allora e adesso: marciamo e siamo milioni – e poi? Come possiamo educare al
cambiamento reale se non abbiamo la volontà di contribuire al cambiamento fra
di noi su base giornaliera?
Per due anni di fila, il
movimento NiUnaMenos si è sollevato nel mio paese come un urlo imponente per
fermare il femicidio e la violenza di genere. L’anno scorso, la marcia
nazionale di Ni Una Menos si tenne nello stesso giorno dedicato alla previdenza
del cancro e le donne che vestivano di nero furono criticate perché in quel
modo mandavano un messaggio negativo nel giorno dedicato al cancro.
Quanto perdute siamo in questi trucchi cosmetici per predarci l’un l’altra in tal modo? Come donne, spesso contribuiamo ai nostri passi indietro. Le critiche più dure, i più profondi e significativi silenzi e le più aspre opinioni tendono ad arrivarci dalle nostre sorelle nella lotta.
Troviamo oltraggiose le uscite
dei politici, ma votiamo per loro – quando andiamo a votare del tutto.
Condanniamo i picchiatori ma pure siamo disposte a chiamarci fuori se li
conosciamo o se fanno parte delle nostre famiglie. Votiamo persino per i
picchiatori, di tanto in tanto, anche se le accuse contro di loro sono
pubbliche.
Lasciamo sapere ai ragazzi che
possono fare qualsiasi cosa e alle ragazze che devono stare attente perché non
sono ragazzi.
Usiamo i nostri social network
per giudicare le donne che non si sposano o non hanno bambini.
Quando una donna si veste come le
pare, senza badare all’età o al tipo di corpo, la chiamiamo pazza; quando una
donna osa essere ambiziosa o compie un subitaneo cambiamento nella sua vita o
nella sua carriera, la chiamiamo deviata.
↓
Continua sul blog di Maria G. Di Rienzo qui
Lo Sciopero globale delle donne in occasione dell’8 marzo è stato lanciato
dalle donne argentine di Niunamenos, all’appello hanno già
risposto oltre 20 paesi: Argentina, Australia,
Bolivia, Brasile, Cile, Corea del Sud, Costa Rica, Ecuador, El Salvador, Francia,
Germania, Gran Bretagna, Guatemala, Honduras, Irlanda del Nord, Irlanda,
Islanda, Israele, Italia, Messico, Nicaragua, Perù, Polonia, Repubblica Ceca, Russia,
Salvador, Scozia, Svezia, Togo, Turchia e Uruguay. Il 4 febbraio hanno aderito anche gli Stati Uniti, le donne
statunitensi hanno già dato prova dell’importanza di fare sentire la propria
voce in tutto il mondo con la "Women's march", organizzata
per protestare contro le discriminazioni di genere e in favore dei diritti
delle donne ulteriormente minacciati dalle politiche del neo presidente Trump;
oltre 5 milioni di persone sono scese per le strade pacificamente a difesa dei
diritti civili. Perché di questo si
tratta: diritti “civili”.
Women's march - Washington, D.C. |
Aspettando l’otto marzo
Aspettando l’otto marzo ho voglia
di raccontarvi, riproporvi e farvi raccontare storie di donne, donne vicine e
donne smarrite nella storia, unite solo da un unico indissolubile vincolo la
“femminitudine”, diverse, come diversa è la vita di ciascuna di noi,
caleidoscopica.
Non cercate un ordine o un senso,
sono storie, perché le donne da sempre hanno dovuto combattere e oggi dovranno
farlo ancora di più, i diritti più o meno acquisiti sono a rischio e altri sono
lungamente distanti. Se proprio vogliamo dare un significato, allora lo concedo
a questo primo post visto che ho usato il termine combattere.
Il coraggio delle Donne Samurai: Onna-bugeisha.
“Quando si guarda I
sette samurai di Kurosawa, ambientato nel Giappone del 16 ° secolo, non
eccede di certo la presenza delle meravigliose
donne guerriere che brandiscono la katana… Ma queste donne sono esistite.
Conosciute come Onna-bugeisha, le
donne guerriere trovano nella leggendaria imperatrice Jingū la loro caposcuola,
nel 200 d.C. condusse l’esercito all’invasione della Corea dopo la morte del
marito Chūai, quattordicesimo imperatore del Giappone, morto in battaglia. La
leggenda narra che riuscì a realizzare questa impresa senza versare una goccia
di sangue.
L'imperatrice Jingū- xilografia di Tsukioka Yoshitoshi, 1880 |
Emblema delle Onna-bugeisha, usò
la sua posizione per portare avanti il cambiamento economico e sociale del
paese. Fu la prima donna nel 1881 ad essere rappresentata su una banconota
giapponese.
Le Onna-bugeisha generalmente non
utilizzavano al pari dei samurai la katana, scegliendo invece il naginata, un arma
inastata molto versatile con una lama ricurva in punta, la lama che si allargava
all’estremità consentiva alle donne guerriere di essere maggiormente efficaci
contro avversari più grandi e più pesanti. Inoltre le Onna-bugeisha eccellevano
nell’uso di altre armi, come archi e coltelli…”
Leggendarie restano le gesta di Tomoe Gozen, prese parte nel 1184 alla battaglia di Awazu, dove si distinse per
forza e coraggio decapitando il samurai Honda no Moroshige di Musashi, per aver
ucciso Uchida Ieyoshi ed essere sfuggita alla cattura da parte di Hatakeyama
Shigetada. Vissuta probabilmente tra il 1157 e il 1247, è l'unica guerriera onnamusha
o onna-bugeisha descritta nella letteratura epica della tradizione samurai.
Nell'Heike monogatari,
che racconta le gesta dei protagonisti della guerra Genpei che portò alla formazione dello shogunato di Kamakura, Tomoe
viene descritta:
«Con la sua pelle diafana, i lunghi capelli e il volto aggraziato, Tomoe era la più bella. Era anche un arciere forte e un soldato vigoroso, in sella o a piedi, adatta ad affrontare un demone o un dio, valeva quanto mille guerrieri. Aveva una tattica superba nel rompere le righe di cavalli selvaggi, non temeva le discese accidentate. Nelle prime fasi della battaglia, Yoshinaka la inviava come primo capitano in armatura pesante, con una grande spada e un potente arco. Al suo nome era associata maggiore gloria che a qualsiasi altro guerriero. E quando tutti erano ormai periti o scappati, lei era rimasta fra gli ultimi sette cavalieri.»
(in Jonathan Clements, "La
storia segreta dei samurai")
Tomoe Gozen con Uchida Ieyoshi e Hatakeyama no Shigetada -Stampa su legno di Yōshū Chikanobu, 1899 |
Se Gozen (onorevole) Tomoe
appartiene in parte alla leggenda, la vita di Nakano Takeko e Hōjō Masako sono
ben documentate.
Nakano Takeko nata a Edo intorno al 1847 è stata una
onna-bugeisha del dominio Aizu, che combatté
e morì durante la guerra Boshin, colpita a morte nella battaglia di Aizu nel
1868. Figlia di un funzionario, ricevette una completa formazione nelle
arti marziali, nelle arti letterarie e nella calligrafia, e fu adottata dal suo
stesso maestro, Akaoka Daisuke.
All'epoca della guerra Boshin le
cui vicende belliche videro contrapporsi, in un conflitto civile, due avverse
fazioni: i fedelissimi sostenitori dello shogunato Tokugawa e i fautori della
restaurazione dell'imperatore Meiji, Nakano Takeko si adoperò in difesa dello
shogunato Tokugawa e prese parte alla
battaglia di Aizu, guidando un corpo di donne guerriere indipendenti:
Hirata Kochō e la sorella minore Hirata Yoshi; Yoda Kikuko e la madre o sorella maggiore Yoda Mariko; Yamamoto Yaeko; Okamura Sakiko e la sorella maggiore Okamura Makiko; la concubina Watashi; Jinbo Yukiko; le studentesse di Monna naginata dojo Monna Rieko, Saigō Tomiko e Nagai Sadako; la sorella minore di Hara Gorō; Kawahara Asako; Koike Chiyoku, comprese sua madre e sua sorella.
Va ricordato che il drappello di
guerriere guidato da Nakano Takeko andò in battaglia autonomamente, dal momento
che gli antichi funzionari di Aizu non
permettevano alle donne di prendere parte alla battaglia in modo ufficiale,
come parte dell'esercito del dominio
Colpita a morte al torace da un
colpo di fucile che sarebbe stato per lei fatale. Morente, piuttosto che lasciare che il nemico si impossessasse del suo
cadavere per farne scempio, mozzandole il capo per servirsene come trofeo di
guerra, chiese a sua sorella Yūko di decapitarla lei stessa per impedirne
la cattura e darle onorevole sepoltura.
Fu sepolta sotto un albero di
pino presso il Tempio Hokai.
Hōjō Masako fu
la prima Onna-bugeisha ad occupare ruoli importanti nella politica, figlia
maggiore di Hōjō Tokimasa, il primo shikken o reggente, dello shogunato Kamakura,
nata nel 1156 divenne la prima reggente donna di uno shogunato, morta all’età
di 69 anni fu una figura notevole per le sue capacità politiche. Le leggi che governarono lo shogunato
garantirono alle donne gli stessi diritti del ramo maschile.
Passò alla storia come la ama-shôgun
o nun-shôgun, la “monaca shogun”.
Ammirate o dimenticate sono state
donne comunque oscurate dal prestigio dell’uomo, il compito delle Onna-bugeisha,
la Donna-guerriera, era ovviamente limitato alla difesa della casa e dei figli
durante le assenze del marito, impegnato in lunghe guerre di clan. Venivano
addestrate per proteggere la famiglia da eventuali attacchi. Madri, casalinghe
con tutti doveri che ciò comporta e all’occorrenza guerriere, le buke, vere amministratrici della casa, abilissime
nel maneggiare il naginata e allenate
alla tantōjutsu, la micidiale arte giapponese che insegna l'uso dei pugnali con
guardia, tanto piccoli da poter essere nascosti nelle vesti.
Ma sempre in un ruolo secondario,
perché non era dignitoso per un samurai combattere con una donna al proprio
fianco.
Che dire “Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”, meglio se in ombra… Perché a noi il sole rovina la pelle.
#8marzo #NoiScioperiamo #NonUnaDiMeno #lottosempre
State bene!
- Fonte dangerousminds
- Fonti Wikipedia, l'enciclopedia libera
- Le immagini in questo post provengono dal Web e sono presenti solo a scopo illustrativo. Copyright dei rispettivi aventi diritto che ringrazio.
Siamo nel 2017, ma ancora oggi noto troppe discriminazioni e violenze sulle donne. Bisogna tornare a dare un bel significato a questa giornata e lottare per un mondo migliore.
RispondiEliminaSaluti a presto.
PS
Grazie per avermi citato.
"Dall'asilo all'università più cultura di genere". Educare non è una brutta parola, e credo che molto dovrebbero farlo le stesse donne...
EliminaA un mondo migliore Cavaliere.
Grazie a te per esserci con la tua presenza e il tuo blog ;)
Un abbraccio
Conoscevo le storie di queste donne guerriere impavide e libere da ogni pregiudizio, perchè le ho sentite da giapponesi durante il mio periodo di Aikido e Kendo.
RispondiEliminaSempre interessanti e intriganti questi tuoi post mia cara, anche se io pur avendo sempre partecipato ( quest'anno forse con il bastone data la mia fibromialgia!!!) sono alquanto delusa poi dai risultati..sempre un passo indietro, sempre penalizzate in questa" sporca " società...
Ti voglio bene!
Spero, carissima Nella, che tu ci vada impugnando il bokutō e l'energia di tante donne sconfigga il tuo dolore. Confidiamo nella medicina e nella tua grande forza d'animo.
EliminaHo voluto iniziare con le donne guerriere perché noi donne combattiamo da sempre...
E ci tocca ancora farlo, sembra un incantesimo. Resistiamo, in tutti i sensi.
Ti voglio bene anch'io. Riposa, una buona notte. Bacio
Mi piace questa iniziativa, perché l'otto marzo di momose e festicciole a me è sempre sembrata una presa in giro, anche solo considerando che molte donne lo usano come scusa col marito per uscire con le amiche. Ancora oggi, sì. Quanto allo sciopero... non ha molto senso scioperare per un giorno, soprattutto se è proprio l'8 marzo, cioè il giorno in cui alle donne ogni capriccio è concesso, perché è la loro giornata, appunto. Sento già le voci: "lasciamole fare, è la loro giornata, domani tornerà tutto come prima". Sento anche voci di donna: "ma che cosa vogliono dimostrare? è solo una scusa per non fare il loro dovere di donna". Bisognerebbe "martellare" ogni giorno...
RispondiEliminaCiao Santa :)
Ok, sono un disastro... "mimose" si capisce, e con "iniziativa" intendo i tuoi post ;)
EliminaD'accordissimo con te cara Elle, ma come ho scritto ad un'amica, riferendomi proprio a queste "giornate commerciali", se servono a ridestare l'attenzione mi sta bene. È un po' come la fame, se ne hai davvero mangi tutto e tutto va bene. Per me funziona così un po' in tutto, e adesso c'è necessità che ci si svegli un po', altrimenti finiamo col tornare in dietro di secoli, le avvisaglie ci sono tutte.
EliminaE concordo anche sulle donne, non a caso ho inserito il post di Maria G. Di Rienzo, una buona riflessione da cui partire. In primis sono proprio le donne a dover fare rete ed educazione, cominciando dalle mura domestiche... Ma sai com'è quando hai dei diritti, dai tutto per scontato e non te ne curi, vorrei vedere se quei pochi che abbiamo sparissero di colpo.
E quando ci è possibile, ben detto, martelliamo!
Un bacio #lottosempre
Mi piacerebbe se noi donne riuscissimo a far percepire in modo nonviolento, intanto a noi stesse oltre che all'altra metà del cielo, la possibilità di un altro modo di vivere: solidale, ricco di cura, che rifiuta la competizione per il potere, l'arricchimento di pochi, la guerra, la violenza. Utopia? Ma allora che senza ha mettere figli al mondo? Baci.
RispondiEliminaForse Maria è quello che proviamo a fare da secoli, magari essere più solidali e fare ancora più rete aiuterebbe. Già educando i figli al "genere" si potrebbe fare molto, spesso sono le stesse donne a non credere a loro stesse.
EliminaTi abbraccio