"Doni al ragno", Santa S |
La narrazione del Furioso, l’Orlando, s’intreccia intorno a tre vicende. Se la prima racconta della guerra, che fa da sfondo all’intero poema, la seconda spetta necessariamente a Lui. Lui chi?
Ma si, il caro compagno della nostra vita, il nostro bramato dr. Jekyll e Mr. Hyde: L’Amore!
[L’Amore è] "un demone grande… figlio dell’Espediente e della Povertà… anzitutto è sempre povero, ed è ben lontano dall’essere delicato e bello come i più credono…intreccia sempre qualche macchinazione… abile stregone e fattucchiero..." (Platone, Simposio o Convito)
Con queste parole Socrate riferisce l’insegnamento
della sacerdotessa Diotima sull’Eros. Anche lui caduto nell’equivoco dell’Amore
bello e delicato viene edotto da Diotima sull’indole contraddittoria di
Amore, “qualcosa di mezzo tra divino e mortale”.
E’ un breve passaggio dello splendido Simposio, qui la narrazione si presenta in forma di dialogo tra illustri convenuti al banchetto in onore di Agatone ed è intorno alla tavola che viene celebrato Eros.
Era il 416 a.C. Socrate sa che tra gli uomini chi è fertile nel corpo “ è attratto dalla donna e cerca la felicità nella discendenza”, chi è fertile nell’animo “cerca un’anima bella a cui unire la propria e può creare con questa una comunanza più profonda. Riuscirà a capire che tutto il bello che riguarda il corpo è cosa ben da poco…giungerà a una conoscenza che non trae in inganno e non può mutare”.
E di questo ne da conferma anche il suo allievo ed amante Alcibiade che irrompe al banchetto ubriaco.
In vino veritas, l’ebbrezza mostra le cose nascoste, io aggiungo anche la rabbia, non il virus, ma l’ira, la furia che allenta le nostre inibizioni. Potremmo definire la furia un retrovirus parassita. Una volta attivato crea un nuovo DNA (di non amore) si integra nell’amore e inizia a replicarsi aiutandosi anche con altri retrovirus, freddezza, indifferenza, animosità, astio, avversione, odio.
E’ un breve passaggio dello splendido Simposio, qui la narrazione si presenta in forma di dialogo tra illustri convenuti al banchetto in onore di Agatone ed è intorno alla tavola che viene celebrato Eros.
Era il 416 a.C. Socrate sa che tra gli uomini chi è fertile nel corpo “ è attratto dalla donna e cerca la felicità nella discendenza”, chi è fertile nell’animo “cerca un’anima bella a cui unire la propria e può creare con questa una comunanza più profonda. Riuscirà a capire che tutto il bello che riguarda il corpo è cosa ben da poco…giungerà a una conoscenza che non trae in inganno e non può mutare”.
E di questo ne da conferma anche il suo allievo ed amante Alcibiade che irrompe al banchetto ubriaco.
In vino veritas, l’ebbrezza mostra le cose nascoste, io aggiungo anche la rabbia, non il virus, ma l’ira, la furia che allenta le nostre inibizioni. Potremmo definire la furia un retrovirus parassita. Una volta attivato crea un nuovo DNA (di non amore) si integra nell’amore e inizia a replicarsi aiutandosi anche con altri retrovirus, freddezza, indifferenza, animosità, astio, avversione, odio.
René Magritte "Les amants", 1928 - Particolare |
“Eros tremendo, le Follie ti furono nutrici: per te cadde la rocca di Troia”, l’amore costruisce e distrugge, spinge verso la bellezza, ci fa inseguire la felicità, il Jekyll fragile e delicato si trasforma, diventa Hyde che colpisce fino ad annientare.
L’uomo armonioso di Platone, alla ricerca della vera bellezza, si trasforma nell’Odi et amo, nella passione, nel compiacimento della sofferenza. Compiacimento esaltato poi dal romanticismo: soffro e voglio far soffrire.
La bellezza diventa malinconia, dolore, solitudine, struggimento. “Vieni dal cielo profondo o esci dall’abisso, Bellezza? Il tuo sguardo, divino e infernale, dispensa alla rinfusa il sollievo e il crimine, ed in questo puoi essere paragonata al vino” scrive Baudelaire.
Ecco cosa si trova di fronte nel Furioso il valoroso Orlando: l’amore. Egli, paladino ed eroe, è impreparato, “non usato all’amorose cose”, tanto sincero da essere ingenuo, tanto innamorato da perdere il senno. Angelica è la bellezza, è l’amore terreno, carnale, qualcosa di sconvolgente, “divino e infernale” insieme, come il vino di Baudelaire: alla rinfusa. Orlando incarna ognuno di noi.
L’amore è troppo pesante per una persona sola!
L'Orlando furioso, I pupi di Turi Grasso (Acireale- CT) |
Orlando può contare sul fedele Astolfo che corre sul carro di Elia verso la luna, dove trova tutte le cose che si sono perse sulla terra “Sarebbe lungo se raccontassi in versi tutte le cose che sulla Luna si mostrarono agli occhi di Astolfo; poiché anche dopo mille e mille versi non riuscirei a terminare, essendoci tutto ciò che ci può capire in vita: soltanto la pazzia sulla Luna è presente nella giusta misura, né poca né troppa;”.
Ma quanti hanno un intrepido Astolfo al loro fianco e la luna? Che governa le maree, che ci trasforma in mannari, che propizia le feste delle streghe, che nelle notti di novilunio trasforma il mosto in vino,
“com’è difficile parlare della luna! E così scema la luna. Dev’essere proprio il culo quello che ci fa sempre vedere”.
Noi siamo così creduloni, furbi e citrulli insieme, accorti e sprovveduti.
Gustave Dorè "Astolfo sulla luna", 1877 |
Possiamo vivere senza storia, senza ragione, mettere il bavaglio all’intelligenza, ma quella parola, quelle cinque lettere, appena cinque, così facili da pronunciare a__ m__ o__ r__ e, sono il nostro carro.
Amore materno, filiale, politico, religioso, sessuale, amicale, animale, criminale... l'esplosione di un'unica parola.
L’amore ci esalta, ci nutre, piega il tempo, fiori regalati al cuscino, il nome più chiamato inciso sulla pelle. Per sempre.
Però, congiunzione avversativa, però non sempre, tanto sicuri da non cercare un riparo, da non avere un ombrello sulla testa, perché a volte, accade che scompare. Lo rincorriamo, ma non sappiamo verso dove, dove non possiamo andare. Tempesta d’angosce, diluvi di lacrime.
Non mangiamo, non dormiamo, un pensiero fisso che ci impedisce ogni cosa, anche di amare, ma siamo così concentrati sulla perdita che non vediamo che tutto è mutato, Orlando rincorre Angelica e non si avvede subito del trasformazione: Angelica ama Medoro. L’oggetto del suo amore è soggetto di un altro amore.
Il caro defunto.
“…La memoria della maggior parte degli uomini è un cimitero abbandonato, dove giacciono senza onori i morti che essi hanno cessato di amare. Ogni dolore prolungato è un insulto al loro oblio.”
La morte di qualcosa è vana se non la guardiamo in faccia. Si esprime così Adriano nelle sue memorie, o meglio la Yorcenar. Adriano perde il suo giovane amante Antinoo, bello quanto timido, colui che lo faceva sentire “ …Inchiodato al corpo amato come uno schiavo alla croce”. Perché l’amore perduto è così, una bestia che ti divora, affonda i denti nella carne cruda.
Demone, Mikhail Vrubel 1890-1891 |
Da qualche parte ho letto: 6 passaggi per riparare un cuore infranto.
Avrei voluto leggere: “Cerchi un adesivo
adatto a tutti i materiali e ogni occasione? Sulla homepage di Loctite troverai
la colla giusta per te”.
Ironia a parte le cose “morte” andrebbero lasciate al loro silenzio.
Ma come fare? Orlando aveva Astolfo, e noi?
Noi abbiamo gli esercizi di PNL, la programmazione neurolinguistica. Possiamo riprogrammarci (Se mi lasci ti cancello, splendida sceneggiatura di Charlie Kaufman, con il grande Jim Carrey).
“Oh, santo cielo!” esclamerebbe C-3PO, il droide di Guerre Stellari. Lui se ne intende di programmazione. Però, c’è sempre un però da qualche parte, basta cercarlo. Dicevo, però anche il droide non è solo nei suoi viaggi, C-3PO ha sempre accanto il suo fedele compagno e amico R2-D2.
Perché noi soli non riusciamo a stare, anche quando pensiamo ad una macchina dobbiamo necessariamente dotarla di un compagno.
È il problema di noi uomini non vedere le cose o vederle a nostro modo.
“Perché l’uomo non vede le cose? Perché lui stesso si mette sempre nel mezzo e nasconde le cose” scrive Nietzsche.
E’ la nostra incapacità ad essere Socrate, Adriano, è la nostra attitudine ad essere Orlando, Astolfo. Umani troppo umani.
“Nel quartiere di Edo si usa una specie di cestino da pranzo intrecciato, che viene adoperato un solo giorno nelle passeggiate primaverili. Al ritorno lo si getta via calpestandolo. La fine è importante in tutte le cose." (Hagakure II,38)
Fine seconda parte
(prima parte)
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