Santa S "Viaggio d'amore" |
Mai partire senza viatico. Dal pane del contadino e
per chi ne aveva olive, nel suo viaggio di fatica e sudore, al McMenu di oggi o
al più sofisticato sushi take away nei viaggi dall’alba al tramonto.
Sono rimasta estasiata, in treno, ad osservare una miss dior dalle movenze
impalpabili scartare il suo contenitore e ingollare la perfetta polpetta
cilindrica con la sinuosità di un serpente. Mascelle elastiche e letali la
miss, perché ci sono viaggi per prede e viaggi per predatori. Che dire, poi,
dei viaggi verso l’infinito, dell’aspirazione a superare il nostro limite, di
spaccare il torchio che pressa le nostre miserrime vite, quale viatico per
sostenerci? Basterà a nutrirci il pan di via, quello custodito dal fedele
Samvise Gamgee per consentire a Frodo Beggins di chiudere un ciclo del suo
viaggio? Ah, la scena della scala che conduce al valico di Cirith Ungol (rif.
Il Signore degli Anelli di Peter Jackson). Ogni viaggio richiede il giusto cibo
per mantenerci in forze, la debolezza porta ai miraggi. E se il viaggio fosse
un vino, occorrerebbe scegliere con cura il cibo da accostare, non so voi, ma
per me un passito di pantelleria e uno zampone faranno poca strada insieme e
non tanto per la falcata corta dello zampone.
Viaggiamo fuori e dentro di noi, c’infiliamo nelle costruzioni impossibili di Escher o seguiamo strade asfaltate per non perdere le tracce. Ma attenzione l’asfalto sotto al sole gioca con l’aria e si diverte a costruire pozzanghere di specchi. Quante variabili, incognite, aspettative in questi viaggi. Ognuno con la propria unicità, viaggi diversi, a volte inversi, altre conversi o controversi.
Viaggiamo fuori e dentro di noi, c’infiliamo nelle costruzioni impossibili di Escher o seguiamo strade asfaltate per non perdere le tracce. Ma attenzione l’asfalto sotto al sole gioca con l’aria e si diverte a costruire pozzanghere di specchi. Quante variabili, incognite, aspettative in questi viaggi. Ognuno con la propria unicità, viaggi diversi, a volte inversi, altre conversi o controversi.
In versi, di versi, con versi… Siiii, i versi! Il viaggio dei versi, perché la poesia è un viaggio, scrivere è viaggiare, il “viaggio sono i viaggiatori”, scrive, credo Pessoa. Eccomi viaggiatore dentro il mio viaggio, viaggio di parole. Io non sono uno scrittore, né un poeta, amavo ed amo ancora fissare dei momenti nelle parole. Istantanee “tra le colline della pelle”, che è proprio il titolo di una mia, unica, raccolta di poesie edita. Viaggiamo tutti tra le colline della pelle, ha ragione Pessoa il viaggiatore è il viaggio. L’8 marzo 1995 ho riposto la valigia, il mio corpo tornava a casa, niente più viaggi di parole. A volte occorre restare immobili per mimetizzarsi, perché certi viaggi si trasformano in safari e solo un sorteggio decide se sarai cacciato o cacciatore. Qualunque ruolo ricopriamo, dall’una o dall’altra parte del mirino, richiede sforzo. Corri per schivare il proiettile, insegui per conficcare il proiettile, quanta fatica. La stessa Biancaneve, fuggita, sfuggita, nascosta in mezzo ai nani, viene stanata e tolta di mezzo per la sua bellezza (ho già detto che la bellezza è una parola seducente, aggiungo temibile). Viaggio concluso, finalmente può riposare! Invece no, arriva il bacio a ridestarla dal lungo sonno. C’è sempre un bacio a riportarci ai viaggi d’amore. Il bacio perfetto. Allora, come direbbe il mio merlo …Datemi una scarpa robusta…appena elastica capace di rispondere alle tortuose durezze che segnano il girovagare…
I piedi si stancano prima del cuore, bisogna averne
cura quando si viaggia. Riprendo il viaggio, apro l’armadio, il guardaroba è
fuori moda, posso farcela, rimodernarlo in cammino. Ma reggeranno le gambe? La
prolungata immobilità ci rende fragili, abbiamo bisogno di farci sostenere,
barcolliamo instabili e presi come siamo a sostenerci sulle gambe perdiamo lo
stupore del paesaggio. Ci aggrappiamo alla stampella convinti che non si piegherà
sotto carico. Biancaneve rientrò a piedi o a cavallo al castello? Neve
bianca trasparente io non sono più! L’incanto è finito…, recitava una
vecchia canzone.
Portiamo le parole lontano! Ma si, lontano. Un foglio
come una valigia. Rivestiamo le parole di parole nuove. Nuovi suoni per
alleggerire la strada. Le affido a Silvia, alla sua amorevole cura. Un vestito
per le mie istantanee, l’abito adatto per un thè pomeridiano. Quale cibo per
questo itinerario? Prepariamo dei biscotti, senza latte, senza burro, sottili e
leggeri, petali di ali capaci di volare. 300 chilometri di parole.
Minchinhampton “Warning”. Avvertimento: le porte potrebbero essere
chiuse.
La mente dei poeti. L’ho vista!Esposta in questa cittadina ferrosa nel Cotswolds. E poi lungo l’alpeggio, a frugare dentro l’erba rasa, in cerca del punto di rugiada per arrestare le nuvole, smaniose e inquiete, così veloci da portarti via il cielo sotto gli occhi. Ma forse nel viaggio ci portiamo dietro anche il cielo. Quello di casa con le nuvole al guinzaglio.
Perché si può andare lontano scoprendo di non essersi mai mossi.
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