Tutto è cominciato con il tempo che brucia, quello che ci vorrebbe far correre come saette da una parte all'altra, stile la "fera" di Horcynus Orca:
siccome questa miccia brucia parecchio, mi sono fatta trovare da un delicato fiorellino che sboccia 1 volta ogni 12 anni (Il tempo che brucia e la magia di un fiore), ogni tanto bisogna anche rendersi conto che stiamo andando fuori binario, persone che "non hanno tempo"!, solo a sentire la frase è folle.
E visto che la follia sembra dominare la scena contemporanea, o meglio l'abbandono di ogni criterio di giudizio, ho pensato di consolarmi con antichi e splendidi erbari realizzati e curati da straordinarie donne, anche la nostra amata poetessa Emily Dickinson che ci stupisce ancora una volta di più, come non condividerli con voi Per fare un prato occorrono… Emily Dickinson, Margaret Rebecca Dickinson ed Elizabeth Blackwell.
[...]filava dritta per alto, e filava come avesse la miccia al culo, sprizzando scintille dal suo nuotare...
siccome questa miccia brucia parecchio, mi sono fatta trovare da un delicato fiorellino che sboccia 1 volta ogni 12 anni (Il tempo che brucia e la magia di un fiore), ogni tanto bisogna anche rendersi conto che stiamo andando fuori binario, persone che "non hanno tempo"!, solo a sentire la frase è folle.
E visto che la follia sembra dominare la scena contemporanea, o meglio l'abbandono di ogni criterio di giudizio, ho pensato di consolarmi con antichi e splendidi erbari realizzati e curati da straordinarie donne, anche la nostra amata poetessa Emily Dickinson che ci stupisce ancora una volta di più, come non condividerli con voi Per fare un prato occorrono… Emily Dickinson, Margaret Rebecca Dickinson ed Elizabeth Blackwell.
Il fascino della natura, la storia di piante e di donne, alcune poco conosciute e snobbate dalla stessa storia proprio perché donne, capirete bene da queste poche battute che reperire materiale anche nello smisurato web non sia impresa facile.
A volte mi sento una rabdomante del web, con una virtuale bacchetta a caccia di fonti, non di acqua s'intende, ma di notizie attendibili... Che impresa!
E la mia bacchetta, per puro caso o per divinazione, mi ha condotto dai fiori, ma "inaspettati" e mi pare ugualmente bello condividerli, quasi a chiudere questa divagazione floreale, un post che è una galleria di opere, opere di grandi pittori. Anche i grandi pittori dipingono fiori.
Unico appunto, che disdetta, ancora solo al maschile, le pittrici ignorate e sottovalutate, scusate se parlo di donne, quando nascerò geco, parlerò dal punto di vista del geco...
Ritorneremo sull'argomento per ora rilassatevi e buona visione:
Integralmente dal blog didatticarte
I fiori inaspettati
Di Emanuela Pulvirenti · 6 APRILE 2019
Prima Turner, poi Mondrian, poi Man Ray, poi Freud e poi una
valanga di artisti dai quali non me lo sarei mai aspettato. Tutti quelli noti per opere potenti, o
astratte, o surreali o addirittura triviali che poi, invece, dipingono delicati
mazzi di fiori.
Per me è stata una rivelazione. Una di quelle cose che
accende subito la mia curiosità. E così, anni fa, ho cominciato a raccogliere
questi fiori inaspettati, questi soggetti un po’ leziosi sui quali si sono
cimentati praticamente tutti.
Certo, non tutti lo facevano per il loro personale piacere.
Mondrian ci si guadagnava da vivere, ma voleva dipingere ben altro…
Eppure quei piccoli oggetti hanno forme e colori che non
possono lasciare indifferenti gli artisti. Naturalmente ognuno li interpreta a
modo suo e dai fiori tira fuori l’aspetto che gli è più congeniale. Man Ray, ad
esempio, ne ottiene delle foto solarizzate che enfatizzano i contorni.
Mentre Robert Mapplethorpe, fotografo trasgressivo di corpi
nudi, cerca nei fiori l’aspetto sensuale attraverso composizioni rigorose.
Ancora più inaspettati sono i fiori fotografati dallo
scultore Constantin Brâncuși, quello della Musa dormiente. La sua è un’indagine
sulla forma e sul contrasto tra la geometria del vaso e l’irregolarità delle
corolle.
Ma andiamo con ordine. Iniziamo dagli esempi più antichi.
Dai fiori dei Romani. Quel popolo di conquistatori e di grandi imperatori non
disdegnava affatto riempirsi le domus di piante e fiori affrescati sulle
pareti.
Nel Medioevo la tradizione continua. Di fiori ce n’è in
abbondanza, ma stavolta in forme meno naturali, a decorare le pagine dei codici
miniati.
Poi arriva Giotto che inserisce due piccoli vasi di fiori
sotto la Madonna in trono. Se non ci fosse tutto il resto sarebbero già delle
nature morte.
Le scene sacre, in particolare l’Annunciazione, rimangono
per quasi tre secoli l’unica situazione nella quale si possono trovare dei
fiori. Come in Simone Martini.
Nel Rinascimento i fiori compaiono ovviamente nella
Primavera di Botticelli (1482). Anzi è proprio un tripudio di fiori, decine di
specie diverse dipinte con occhio da botanico. Tra i tanti, alcuni splendidi
iris, in basso a destra nel dipinto.
Ed è proprio l’iris (assieme al giglio) il fiore a cui è
dedicata la prima natura morta floreale in assoluto. Quella di Hans Memling del
1485. Anche questi sono fiori inaspettati dato che Memling è un pittore di
grandi polittici a tema sacro.
Non sono inaspettati, invece, quelli di Leonardo. Sia gli
studi su carta condotti con l’occhio dello scienziato…
… sia quelli dipinti in vari quadri con la mano
dell’artista.
E dopo? Dopo arriva il Seicento e la natura morta di fiori
diventa un’epidemia. Decine di maestri fiamminghi non dipingono altro che
colossali composizioni floreali. Più rari sono invece dalle nostre parti, dove
la committenza continua a chiedere scene sacre o tutt’al più mitologiche.
Di Caravaggio sappiamo che ha cominciato proprio con le
nature morte (non solo di frutti) ma ci rimane solo la sua celebre canestra. E
però possiamo avere un saggio dei suoi fiori in uno dei quadri dedicati al
Suonatore di liuto.
Anche per i Neoclassicisti i fiori dobbiamo cercarli dentro
altri dipinti. Jacques-Louis David, ad esempio, li mette in testa a una
malinconica vestale.
In teoria non avrebbero nulla a che vedere con i fiori
nemmeno i pittori del Romanticismo. Eppure, come abbiamo visto in apertura,
William Turner ne ha dipinti. E così anche il suo conterraneo John Constable,
anche se da lui forse ce lo possiamo aspettare, essendo interessato all’aspetto
pittoresco della natura.
Forse ce lo aspettiamo un po’ meno da Eugène Delacroix.
L’autore della Libertà che guida il popolo dipinge anche festose composizioni
floreali che ti fanno esclamare “ma sai che non ce lo facevo proprio?”.
Quanto a Paul Cézanne sappiamo che la natura morta era uno
dei suoi generi preferiti. Ma faceva frutta, perché cercava oggetti
geometrizzabili. I fiori sono meno conosciuti anche se fanno parte della stessa
ricerca di forme che caratterizza le sue bagnanti.
Molto diversi sono i fiori di Gaetano Previati. Il pittore
divisionista e simbolista ci sorprende con alcuni vasi di fiori visti dal basso
molto lontani dalle figure fluttuanti a cui ci ha abituati.
È un simbolista, ma di tutt’altro genere, anche Odilon
Redon. Ricordato per immagini visionarie e talvolta spettrali, ha dipinto una
sterminata quantità di vasi di fiori, che sembrano invece usciti dalle fiabe.
Ma cambiamo stile, prendiamo James Ensor. Quello delle
parate di maschere beffarde. Beh, i suoi fiori sono tutt’altro che mostruosi!
Ancora più imprevisti sono i fiori di Edvard Munch. Ne ho
trovato un solo vaso, ma è già un esempio interessante: l’artista non si
sofferma sui particolari ma tratta il vaso con le stesse pennellate lunghe e
accese dell’Urlo.
Gli altri espressionisti non sono da meno. Egon Schiele,
oltre ai corpi nodosi dipinge tanti fiori, altrettanto contorti.
Poi c’è Emil Nolde. Conosciuto per le figure umane
grottesche e per i cieli dai colori impossibili, quando si dedica ai fiori
riesce a evocare forme dai colori potentissimi.
E che dire di Oskar Kokoschka? Il pittore della Sposa del
vento e di altri turbinanti dipinti è capace di raffigurare i fiori con una
delicatezza quasi orientale.
Ma cerchiamo altri pittori improbabili di fiori. I
Futuristi, ad esempio. Per Umberto Boccioni i fiori sono quelli sul cappello di
una donna, scintillanti come i vicini lampioni.
Per Giacomo Balla, il mitico Futurballa, i fiori diventano
bizzarre sculture tridimensionali che poco hanno di aggraziato.
Poi c’è Giorgio De Chirico, che dopo muse inquietanti e
piazze silenti, dipinge fiori quasi impressionisti.
Le rose, questi fiori così complessi e sensuali, tornano
anche con Salvador Dalì. Naturalmente si tratta di fiori giganti carichi di
mistero.
Di fiori impensabili ce ne sono ancora in quantità. Ma penso
che le sorprese siano state già tante. D’altra parte queste divagazioni non
vanno viste solo come una simpatica chicca: portarle in classe vuol dire
insegnare ad andare oltre gli schemi e le etichette che usiamo per porgere gli
argomenti agli studenti. Significa suggerire che esiste una complessità che non
deve essere semplificata. Un artista non coincide mai con la sua opera più
nota.
... mantieni la calma e vai avanti.
- In apertura post Architecture and Morality, 2004, Glenn Brown
- Le immagini in questo post provengono dal Web e sono presenti solo a scopo illustrativo. Copyright dei rispettivi aventi diritto che ringrazio.
Cara Santa, per me i fiori ci insegnano prime di tutto a vivere. Poi!!!
RispondiEliminaCiao e buon pomeriggio con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Magari, carissimo Tomaso, prendessimo spunto dalla natura, fiori compresi, per il nostro vivere. Direi che le cose andrebbero diversamente...
EliminaUn forte abbraccio anche a te e sempre col sorriso.
Come entrare in un museo
RispondiEliminaSpettacolo!
Buongiorno Ferruccio, la mia idea era proprio questa ed Emanuela Pulvirenti ha allestito una galleria eccezionale.
EliminaUn caro saluto.
Con tutti quei meravigliosi fiori, sembravano arrivarmi persino i profumi... Un grande abbraccio, amica degli artisti!
RispondiEliminaGrazie Nicola, diceva Proust: "Il mondo non è stato creato una volta, ma tutte le volte che è sopravvenuto un artista originale."
EliminaCerco di rendere merito alla vostra creazione e al vostro sacrificio, sai più di me quanto sia difficile essere artisti, andare avanti senza indurire il cuore.
Un fortissimo abbraccio anche a te e tanta forza.
Che splendida carrellata, non saprei quale scegliere, sono immagini veramente forti ... se vorrai farlo, prova un giorno a fare altrettanto con dipinti di frutta.
RispondiEliminaIn questo caso, carissimo Alli, c'è da inebriarsi di colore senza dover scegliere e di questi tempi lo trovo meraviglioso :)
EliminaSarebbe una fantastica mostra da allestire nel vostro "Orto"... Dipende dalla "Furiosa" che ancora avanza a piccoli passi barcollando e non posso neanche scuoterla, temo si sbricioli del tutto ahahahahah
Buon fine settimana (p.s. Un bacio ad Elle)
Ha ragione Ferruccio, un vero museo, un post molto visuale e di grande impatto.
RispondiEliminaGrazie caro Daniele... Abbiamo bisogno di visioni positive, per compensare l'assenza di azioni propositive.
EliminaUna eccezionale rabdomante del web, con una virtuale bacchetta a caccia di fonti ... sei propria unica. Post, a dir poco, magistrale. Come scrive bene zio Scriba, alias Nicola, si sente la vita, il profumo, l'essenza dei fiori e della natura. E il tocco magico di ogni artista. Complimenti, cara. Un abbraccio.
RispondiEliminaGrazie Maria, anche se il merito in questo caso va alla certosina pazienza di Emanuela Pulvirenti per la magnifica galleria di opere che ci ha regalato e concordo con Nicola e con te per l'emozione palpitante che queste opere regalano. Ogni linguaggio, ogni pennellata sono un tributo alla natura, che stupore, cara Maria, conservano sulla tela, quello degli occhi che hanno saputo vedere forme e colori vivi...
EliminaTi abbraccio anch'io.
Didatticarte, e Horcynus Orca, abbiamo passioni in comune.
RispondiEliminaSpecialmente il secondo è davvero poco noto, e ancor meno letto. Certo insegna a modulare il tempo; 5 giorni in quasi 1300 pagine. Grazie per i colori che ci hai offerto Santa.
Vera, che gioia leggerti... Spero vada tutto bene (Io come al solito sono molto assente).
EliminaHai pienamente ragione su Horcynus Orca, "insegna a modulare il tempo", peccato che sia poco letto , è un libro che merita e la sua stessa stesura ci dà l'idea del tempo che a volte occorre per portare a termine un percorso, nel caso di D'Arrigo più di vent'anni.
Sono davvero contenta che condividi la mia scelta, grazie a te e un abbraccio fortissimo.