domenica 17 gennaio 2016

I Poeti della domenica... Calogero, Chirico, Giunta, Rèpaci


"... Non essere poeta, sii poesia" (Rodolfo Chirico)


Lorenzo Calogero


Evaporò nella mano

Evaporò nella mano
quanto ella sapeva.
Era un mattino infermo
e non so più come il sonno verde amaro
s’inumidì di sogno. Dal letargo
una luna trasse a riva
una linea d’una vita.

La veste diafana trasmigrò.
Una pallida scintilla era discesa.
Oh! Vedi, non più da lontano
ritornano le ombre e il giuoco si dissolse
in un grido che mutava
a sommo per amore la sua pena. Di seta
era una larva: sapeva nulla
ella nella sua misura. La sua sete
d’alba ora ritorna trepida
e passeggera. Era donna
una sua giuntura, una falsa
piega in una sera falsa
o una lagrima leggera.

da Ma Questo


Lorenzo Calogero
Melicuccà (RC), 28 maggio 1910 – Melicuccà (RC), 25 marzo 1961


Rimane fra me e te

Rimane fra me e te questa sera
un dialogo come questo angelo
a volte bruno in dormiveglia
sul fianco. Non ti domando
né questo o quello, né come
da materne lacrime si risveglia
di notte il tuo pianto.

Se i tormenti sono tristi,
l’edera non è mattina o si colora.
Si vela o duole una viola
e dondola nube odorosa
su l’orizzonte lucida di brina.
Ecco quanto di tanta vana speranza resta
o fugge rapida o semplicemente,
silentemente accade.
I carnosi veli, i velli di bruma,
le origini stellate assalgono l’aria,
le tumide vene delle vie le ore.

Non l’eco rimbalza
due volte sulle rocce, su questo
prato, ove sono rosse, e, di rosso
in rosso, è vano il pallido velluto
ora rosa ora smosso.

Non si parla né triste né lieto;
e presto o tardi, perché a fior di labbro
gentilmente nel filo tenue dell’erba
tristemente lacerando si risveglia
la tua sera accanto, dolcemente
io ti domando.


Roberto Herlitzka in "Città Fantastica il lungo canto di Lorenzo Calogero"


« […] Resteranno ancora parecchie cose che io non conosco e forse non conoscerò mai? E pure quello che ho appreso è veramente tanto, per cui il titolo che avevo pensato per un mio libro di poesie e che, dentro i miei limiti e le mie capacità poetiche, avrebbe dovuto essere quello di “Città fantastica“ ... pensavo anche “quasi” ad una città del tutto notturna, dove ogni punto di essa fosse in relazione e comunicante con tutti gli altri. […] » 


Dallo spettacolo "Città fantastica il lungo canto di Lorenzo Calogero"


Scrive così Lorenzo Calogero nel 1960 a Vittorio Sereni, solo 50 anni dopo prende corpo nello spettacolo diretto e allestito da Nino Cannatà in collaborazione con  Carlo Emilio Lerici, con musiche originali di Girolamo Deraco, il sogno di un poeta spesso dimenticato.

“Lorenzo Calogero, con la sua poesia, ci ha diminuiti tutti” (Giuseppe Ungaretti)

“Il più grande poeta italiano del ‘900” (Carmelo Bene)

" Città fantasticail lungo canto di Lorenzo Calogero è un’opera video-teatrale per attore, soprano, due danzatori e piccola orchestra, frutto della lunga ricerca artistica che il Gruppo Villanuccia ha dedicato alla meravigliosa arte poetica di Lorenzo Calogero, sperimentando le interrelazioni tra i diversi linguaggi espressivi" qui


Opus Ensemble dallo spettacolo "Città fantastica il lungo canto di Lorenzo Calogero"


So di un albero

So di un albero, di un libero
mantello di foglie, di un ladro
o di un altro con un mutevole
nome dietro una tomba; e forse
domani ti ricorderai
anche tu di essere nell’aria
di un diverso versatile corso
nell’ora del medesimo giorno. Libera
andrai nel tuo mantello povero
e non ti accorgerai di essere una dolcezza
vaga pigra all’aspetto,
chiara sul labbro,
tremula nell’aria, così solitaria al dolore.

da Come in dittici



Accanto al suo corpo è stato trovato un biglietto con la frase: 

“Vi prego di non essere sotterrato vivo”.






Rodolfo Chirico


L’uomo ha solo bisogno d’amore

Un giorno, forse,
arriverò nel luogo
dove non mi domanderanno
chi sono
né dove vado
né da dove vengo.
L’uomo ha solo bisogno d’amore.



Rodolfo Chirico
Santo Stefano d'Aspromonte (RC),  17 giugno 1941 - Reggio Calabria,  05 dicembre 2013


Uno più uno uguale a uno

Come due tempi in uno
o due colori
o due assillanti nature
osservavo due succedere
in un unico ossessivo tamburo.

È questa tua vita presente
che parla e sente
e ragiona con pensieri lontani
o toccabili quasi le cose
i rumori i sensi
o una fresca carezza d’aria:
la vita sazia di ore pungenti
che chiamiamo o urlano
o s’abbandonano
in precipitosi richiami;

ed è questa tua vita
sequenze vicine o lontane
estranee al tuo involucro:
percezioni inutili di scomposti
richiami, di cose o forme
destinate a morire,

a chiedermi inutilmente aiuto.

Siamo destinati a vivere
Con due cuori
In un’unica prova.


                        Grazie per il video a Roberta Russo



Poeta, drammaturgo, giornalista, regista, fondatore del Teatro Calabria, si è formato sotto la guida di Salinari, Paparelli, Sanguineti. «Dopo la dispersione della grande avanguardia del primo e secondo Novecento» scrive Rodolfo Chirico «c'è una sola ipotesi di sopravvivenza: considerare la vita già un miracolo in sé e sentirla e viverla come un evento prodigioso... 
Poesia è il non poetare. Teatro è il non recitare.»

Dagli anni '90 Direttore Artistico del teatro “Francesco Cilea” per la prosa. «Il maestro Chirico non le mandava a dire,» lo saluta così Stefano Iorfida, presidente dell'associazione Anassilaos «esprimeva giudizi spesso duri su uomini e donne di questa nostra Reggio che si atteggiavano a poeti e scrittori e lo faceva, talora, con una ironia amabile che serviva, appena, a stemperare l’asprezza di giudizio... Lo ricordiamo ancora con il suo cappellaccio e l’eterno sigaro, spento sulle labbra, con il rimpianto di non averlo compreso fino in fondo. 
La città  non ha voluto o saputo valorizzarlo per come meritava forse perché essa divora, per invidia, i suoi figli migliori, o forse perché non si era ancora accorta di quanto egli fosse grande. (da scirocconews.it)


La messa in scena di “Magia e sangue per la torta del potere” è stata vietata dalla Questura per motivi di ordine pubblico.


E tu insisti col volere capire

Ogni ideologia è ingenua utopia;
il sorriso d’una rosa
quando il demone cavalca
la folle notte.

E tu insisti col volere capire.

Mi muore, mi muore fra le mani
Questa poesia
Dopo il violento sorso di frescura.

E tu insisti col volere capire.

da il tempo dei carnefici








Nicola Giunta


Nicola Giunta
Reggio Calabria, 4 maggio 1895 – Reggio Calabria, 31 maggio 1968 


'Nta 'stu paisi

'Nta 'stu paisi 'nc'esti sulu 'a piria,
'a strufuttenza fissa, a 'grandi bboria;
n'ta 'stu paisi cunta sulu a 'mbiria,
pirciò non sunnu tutti chi cicoria...
Erba nana ed amara, erba pirduta:
senza mâ provi, 'a ggiùrichi â viruta;
e cca, sarbu a carcunu di ll'affritti,
su' tutti storti ammanicati ddritti!
Nani su' iddi e vonnu a tutti nani;
nci vannu terra terra, peri e mmani;
e, pâ malignità bbrutta e superba,
cca non crisci chi erba, erba, erba...
Arburi?... Si ccarcunu 'ndi sciurisci,
'nci minunu petrati non mmi crisci...
Arburi, nenti!, comu all'âtri baandi,
ch'unu s'asciala chi mmì viri randi!...
Ambatula tu fai.. Rresti cu 'ngagghiu...
Si senti sempri chi 'nc'è fetu d'agghiu...
Cca 'a fortuna non varda a ccu' s'annaca,
ma passa ammenzu all'erba mi 'nci caca...
Paisi d'erba i ventu' e non di pianti:
va facitila a 'n culu tutti quanti!
Si 'nc'esti 'nu cartellu aundi rici:
“Sti 'ggenti tra di iddi su' nnimici!”
Nimici i cui? Oh, frabbica di storti!
Sunnu sulu nimici da so' sorti !
Nimici d'iddi stessi pi ppuntiggiu,
e i cchiù fissa dû mundu sunnu a Rriggiu!



In questo posto

In questo posto c'è solo vanagloria,
stupida strafottenza, grande boria;
qui da noi, vale solo l'invidia,
perciò son tutti come la cicoria,
erba nana ed amara, senza pregio:
così la giudichi, solo a guardarla,
non c'è neanche bisogno d'assaggiarla.
E qui, tranne quei pochi disperati,
son tutti stupidi, ma ben raccomandati!
Sono dei nani meschini e maligni
e non sopportano chi è meglio di loro.
Ed è per questa natura superba
che qui nasce soltanto erba, erba, erba...
Alberi? ... Se da qualcuno spunta un fiore
gli tirano le pietre, finché muore.
Non come in altri luoghi, luoghi dove
a vederli cresciuti così grandi
veramente ti senti aprire il cuore!
Ti dai da fare invano ... il rospo ingoi;
e sempre intorno senti ... puzza d'aglio.
Qui la fortuna non si prende cura
del nano inetto che si pavoneggia:
passa, e copre di sterco la malerba.
Un paese ch'è un campo di gramigna:
ma andate a quel paese tutti quanti!
E se qualcuno c'è che se la prenda,
che scelga un bel lampione e che s'appenda!
Qui ogni strada è indicata da cartelli:
"Qui vivono nemici, non fratelli!"
Ma nemici di chi? Cretini, o peggio!
Sono nemici della propria sorte:
per puntiglio, ognuno a sé è nemico.
Perciò, ascoltate quello che vi dico:
il popolo più stupido del mondo
è il popolo dei miei concittadini!
Nemici di se stessi per puntiglio,
i più fessi del mondo sono a Reggio!

Traduzione di Carlo Ernesto  Menga

Cortesia Fabio Orlando Photo 


Quando anche la fotografia è poesia, nel suo caso anche musica, se amate l'una, l'altra o entrambe o la fotografia o scoprire scatti di questa terra andate a trovarlo: Fabio Orlando  qui


'A funtana 'i Riggiu

O riggitani, dopu tanti peni,
facistuvu ‘nt’on largu ‘na funtana
chi piscia propriu comu veni veni
pi tutt’a notti e ppa iurnata sana…

O riggitani, mi si rici chissa:
v’ambriacastuvu d’acqua comu e fissa…
e facistuvu ‘na cosa strafalaria
chi pari ch’è Giufà* chi piscia allaria…

Ma chi ssu’ ddhi tri peri, ddhi tri anchi
‘i fora ‘ncumarini e d’intra janchi?
E ghistuu a Roma! Pigghiastuvu cunsigghiu,
ca va putiva fari puru Bbrighhiu!*

E ora nta’ ‘na iargia, all’archiggiatu,
‘mpenditici nu pappajaddhu ‘mmaestratu,
m’aggrira e scanz’a ggenti ‘i ddha striscia:
“passati ‘o largu ca’ funtana piscia!”…

Ma nci nd’è n’atra ancora ma sintiti:
dissi Giufà; “a facistuuu e vva’ tiniti!”
E ora resta ‘nu dittu ‘i stu pruriggiu:
“fissa cchiù fissa da funtana ‘i Riggiu!”

*Giufà:simbolo reggino dello sciocco
* Bbrighhiu: simbolo reggino d’incompetente


"A Reggio negli anni '50 venne costruita una fontana la cui acqua, per effetto del vento, bagnava i passanti.
Molti anni dopo la fontana venne demolita ed ora rimane il ricordo ed il detto immortalato da Nicola Giunta." (da dialettando.com)


La fontana di Reggio

O reggini, dopo tanto penare avete costruito una fontana in un crocevia, che spruzza acqua di qua e di là a casaccio giorno e notte. Ma è possibile che vi siete ubriacati d’acqua come degli stupidi? Avete fatto una cosa strampalata che piscia al vento come Giufà. Che roba è quella cosa con tre piedi, con tre gambe color d’acquamarina all’esterno e dentro bianche? E siete andati fino a Roma per trovare consulenza, quando ve la poteva realizzare un cretino qualunque! E adesso, in una gabbia appesa all’incrocio delle arcate, potete anche metterci un pappagallo ammaestrato ad avvisare con grida la gente che si tenga lontana dalle strisce pedonali (all’epoca delle strisce pedonali collegavano il monumento ad Alvaro alla fontana di piazza Indipendenza): “Girate al largo, che la fontana piscia!”. Ma ho ancora da farvi sentire il detto di Giufà: “l’avete fatta e ora ve la tenete”. Di questo gran prodigio rimane una battuta: “Fesso, più fesso della fontana di Reggio!”.

Traduzione in prosa di Carlo Ernesto Menga



« Tutti i vizi del reggino escono fuori dalle poesie di Giunta. Riuscì a esprimerli bene perché egli stesso era un vero reggino; viveva così: si alzava alle 11, mangiava cinque brioche e tre granite con panna, poi si ritrovava con gli amici. »
(Luigi Lucritano, storico reggino)

« Chistu è u paisi aundi si perdi tuttu,
aundi i fissa sunnu megghiu i tia,
u paisi i m'incrisciu e mi 'ndi futtu
ed ogni cosa esti fissaria. »
(IT)  « Questo è il paese dove tutto si perde,
dove i fessi sono meglio di te,
il paese del "mi annoio" e "me ne frego"
ed ogni cosa è (considerata) fesseria »

Nicola Giunta - incipit di "Chistu è u paisi aundi si perdi tuttu". Fonte Wikipedia  qui






















Carlo Ernesto Menga poeta, scrittore, 
dicono di lui "lunatico ed irrimediabilmente anarchico"
lo travate qui


Leonida Repaci


«La Calabria è una terra grande quanto mezzo Piemonte, e io non posso dire di conoscerla tutta. È questa una delle mie spine. Ho girato tanto mondo… e non conosco della terra nativa che quella balconata a mare infiorata di ulivi, di vigne, di eucalipti, di aranci, che guarda la Sicilia e le Eolie. Più che alla realtà, la Calabria appartiene per me alla geografia dell’anima… »
da Taccuino segreto


Leonida Repaci
Palmi, 5 aprile 1898 – Marina di Pietrasanta, 19 luglio 1985

Nell'agosto 1925 Rèpaci, i fratelli ed altri amici, tutti aderenti o simpatizzanti comunisti e socialisti, vennero arrestati con l'accusa di omicidio. Il gruppo avrebbe assassinato un noto personaggio fascista durante la festa della "Varia" a Palmi (RC). Di sicuro un espediente politico.
L'arresto e il processo sarebbero serviti al regime per abbattere uno degli scogli socialisti più forti in Calabria. Fonte Wikipedia qui


da sinistra Guido Piovene, Pierpaolo Pasolini, Leonida Rèpaci. Foto archivio L'Unità


"Nel 1959 Federico Fellini lo fa partecipare, nella parte di sé stesso, al film La dolce vita, insieme alla pittrice Anna Salvatore e all'attrice Laura Betti."


" Quando fu il giorno della Calabria "  è forse il racconto di Rèpaci più conosciuto da queste parti. Tratto da Calabria grande e amara è la testimonianza del forte legame che lo scrittore aveva con la sua terra, una sorta di dichiarazione d'amore che diventa testimonianza pittorica di questo territorio e del suo paesaggio.

                                 Grazie per il video a MARCELLO IUSI

La canzone di chiusura al video "Durma lu mari" è cantata da Manuela Romeo e scritta e arrangiata dal maestro Salvatore Familiari.

Il mio grazie a:
Fabio Orlando qui  per avermi ispirato questo post
Carlo Menga  qui per la traduzione e il supporto
Rina Postorino Chirico qui  per l'amore e l'impegno a mantenere vivo il Teatro Calabria
Gli autori delle foto, qui a scopo rappresentativo, e dei testi che ho reperito su Internet (Copyright dei rispettivi aventi diritto)

In apertura post: i miei scatti.

8 commenti :

  1. Altra ottima selezione di versi e poeti.
    Saluti a presto.

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    1. Mi fa piacere che hai apprezzato, sono voci alte della poesia italiana e con dispiacere poco valorizzate, ma forse è il problema della poesia...
      mi sa che dovrò imparare il dialetto :))))
      Un caro saluto anche a te.

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  2. Ciao Santa, che bei poeti! Molto mi piace la libertà di Chirico. Avrei letto volentieri i gatti di Menga 😀

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    1. Buona domenica Giovanni, Carlo lo trovi su Fb ho linkato la sua pagina, ne apprezzerai la cultura e lo humor.
      Per i poeti troverai molto materiale su Calogero sul sito:
      http://www.lorenzocalogero.it/
      che peraltro ho segnalato nel post. Spero che anche per gli altri in futuro ci sia la volontà di raccogliere in un sito il materiale e i lavori, per consentire a tutti noi di "goderne". A presto un abbraccio :**

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  3. sublime! non posso aggiungere altro.
    ah sì, grazie! non conoscevo questi poeti e, mi piace questo tuo modo di legare immagini, suoni, poesie, ci accompagni nei luoghi, ci fai sentire il profumo di bergamotto misto a quello dell' erba.
    Mi sono divertita a leggere il dialetto e devo dire tranne alcuni termini, il senso l'ho capito bene.
    bello bello :)
    ciao Santa :*

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    1. che belle parole Silvia, ho sempre il timore di una certa "pesante prolissità", come si dice in gergo: "troppa carne al fuoco" :)
      Ma non riesco a trattenere richiami, rimandi; la poesia, e non solo, ogni cosa è fatta di suggestioni, digressioni, spunti.
      Poi mi dico, c'è tutto il tempo per leggere con calma, approfondire e conoscere, è il bello del blog. Di questo diario on line sempre aperto :)
      Io devo impararlo il dialetto, digiuna, fortuna che l'amico Carlo è venuto con la sua sensibilità di scrittore in mio soccorso.
      Sono felice che hai scoperto questi poeti e hai respirato profumi, non potevo chiedere di più. Grazie Silvia un abbraccio :*

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  4. Ricco tributo alla poesia e alla Calabria: grazie Santa! Non temere la "pesante prolissità": dici bene, i blog sono diari sempre aperti che ognuno può gustare a poco a poco, come si assapora d'inverno, sorso dopo sorso, una tisana di anice stellato, tiglio e arancio ... Un abbraccio e buona settimana.

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    1. Mi hai colta appieno, anzi "in flagranza" ;) Stavo infatti assaporando i tuoi post, recuperando anche. A volte i tempi, le realtà, cambiano e dobbiamo trovare nuovi equilibri, rispondere ad altre necessità, ma fortunatamente sono appunto diari aperti che sanno aspettarci. Mi fa piacere che anche tu hai apprezzato questi autori, in alcuni versi c'è una forza tutta particolare, sicuramente data da questa "strana" terra. Un bacio Maria :**

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