mercoledì 21 novembre 2018

Black Friday: la corsa di Edith Garrud e delle suffrajitsu (per il diritto al voto).



Se oggi scrivo Black Friday (venerdì nero) tutti penserete al prossimo venerdì 23 novembre, perché diciamolo chiaramente noi siamo consumatori e il “venerdì nero”, purtroppo anche qui in Italia, è il giorno delle grandi promozioni per gli acquisti, la corsa all’affare. Gente che trascorre la notte fuori dalle porte dei negozi e che in alcuni casi arriva anche all’omicidio pur di accaparrarsi un oggetto a basso costo.
Abbiamo raggiunto il picco dell’assurdità!
Siamo schiavi del consumismo e degli sprechi, abbiamo perso di vista la comunità e i valori, siamo nella società liquida di Zygmunt Bauman, dove quello
che conta è l’apparire a tutti i costi in un individualismo sfrenato, è questo il nuovo valore. Una società fragile, senza punti di riferimento, liquefatta, dove rischiamo di perdere i diritti senza neanche rendercene conto.


Là dove mancano le certezze, e il consumismo la fa da padrone, siamo tutti in pericolo. È sufficiente poi abbassare il livello dell’istruzione, introdurre la cultura del pensiero elementare e affrettato, una sana superficialità e una buona dose di aggressività per ritornare nuovamente ad essere spettatori nelle arene, e come allora fornire un adeguato spettacolo per “ingraziarsi il popolo e distogliere l’attenzione dei cittadini dalla vita politica”.
E per usare un’efficace espressione francese “Rien ne va plus, les jeux sont faits” (nulla è più valido, i giochi -ormai- sono fatti), perché come scrive Pat Miller, ed io cito spessissimo, nel suo libro Volutamente Ignorante:

“Il modo migliore per prendere il controllo di un Popolo e soggiogarlo, è di togliergli la libertà poco alla volta, sgretolare i loro diritti con migliaia di piccole e semi-impercettibili riduzioni. In questo modo la gente non si accorgerà che quei diritti e quelle libertà gli sono stati tolti, fino a dopo che questi cambi siano diventati irreversibili.”
Una lunga premessa per dire che siamo facili alla distrazione manipolata e tanto più facile per chi la manipola toglierci quello che abbiamo a fatica conquistato. Questo pensiero per le donne vale il centuplo, la nostra storia di donne è una continua battaglia per il riconoscimento dei diritti fondamentali, abbiamo dovuto attendere il 1919 per vedere abrogata “l’autorizzazione maritale”, senza l’autorizzazione del marito la donna non aveva capacità di agire, non avevamo alcuna possibilità di partecipare attivamente alla vita pubblica e di godere degli stessi diritti civili e politici degli uomini, il diritto di voto da noi fu conquistato solo nel 1946.


Le conquiste hanno un prezzo, e questo prezzo lo abbiamo dimenticato e sostituito con quello ammiccante delle vetrine. Ma queste distrazioni potrebbero costarci un prezzo molto salato dando tutto per scontato e lasciando passare le “migliaia di piccole e semi-impercettibili riduzioni”, pensiamo ad esempio al recente e molto discusso decreto legge Pillon, pieno di ombre e formulazioni ambigue. “Impercettibili riduzioni” appunto che potrebbero cancellare diritti conquistati con fatica, e in alcuni casi con la vita stessa, dalle donne meno di un secolo fa.
Se ora scrivo Black Friday 18  novembre 1910 a molti dirà poco o niente, e niente c’entra con la folle corsa agli acquisti, in quel giorno del 18 novembre, a Londra, 300 donne marciavano verso le Camere del Parlamento del Regno Unito per ottenere il diritto di voto. Fu un “venerdì nero”, titolo tristemente guadagnato per la violenza inflitta alle manifestanti, anche di natura sessuale, dalla polizia metropolitana e dai passanti maschi, la brutalità dell’assalto portò al ferimento grave di molte dimostranti e alla morte di due suffragette, così venivano definite le appartenenti al movimento di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto per le donne, e Winston Churchill, all’epoca Ministro degli Interni, respinse le richieste di un’inchiesta pubblica.

La prima pagina del The Daily Mirror
il 19 Novembre 1910
La lotta per la rivendicazione dei diritti delle donne e il riconoscimento all’interno della società non è chiusa al doloroso ricordo del 18 novembre 1910, ma fu disseminata di “Black Friday”, perché ogni azione dimostrativa portava inevitabilmente alla cariche brutali della polizia, all’assalto di bande organizzate che compivano ogni tipo di nefandezza, all’arresto.
“In opposizione alla continua e ripetuta detenzione di molte delle loro aderenti, la WSPU introdusse lo sciopero della fame nelle carceri della Gran Bretagna. La politica di alimentazione forzata delle autorità portò le suffragette ad essere prese in simpatia da parte del pubblico. Il governo approvò poi una disposizione che permetteva di rilasciare un mandato temporaneo di libertà alle detenute in cattiva salute (articolo 1913-comunemente chiamato “l’atto del gatto e del topo”), che permise la liberazione di suffragette che erano prossime alla morte a causa della malnutrizione. Una volta ristabilite, tuttavia, le militanti incarcerate potevano essere reimprigionate. In risposta a questa disposizione, la WSPU organizzò un team di sicurezza per tutte le donne, chiamate guardie del corpo, allenato da Edith Margaret Garrud”. (Leggi su Wikipedia)

Suffragetta alimentata forzatamente nella prigione di Holloway, ca. 1911

Così se adesso scrivo anche Edith Margaret Garrud ancora a molti dirà poco o niente, se si esclude una chiamiamola citazione nel film del 2015 Suffragette diretto da Sarah Gavron, incentrato sulla figura della leader del movimento delle suffragette Emmeline Pankhurst.


La quasi insignificante citazione si deve alla figura di Edith Ellyn nell’interpretazione di Helena Bonham Carter, che in un’intervista ha dichiarato di aver voluto cambiare il nome del suo personaggio dall’originario “Caroline” a Edith, avendo scoperto la figura, quasi sconosciuta, di Edith Garrud e il suo ruolo chiave nell’aver insegnato alle suffragette l’arte marziale del  jūjitsu per difendersi dagli attacchi della polizia.

Edith Margaret Garrud (1872–1971)

Edith Garrud non è un personaggio nel film, ma meriterebbe un film dedicato alla sua figura per aver allenato e formato la squadra di guardie del corpo, composta da 25 donne, di Emmeline Pankhurst, “l’attivista e politica britannica che guidò il movimento delle suffragette femministe del Regno Unito, aiutando le donne ad ottenere il diritto di voto”,  il loro compito era quello di mescolarsi tra la folla ed impedire l’arresto della loro leader e le altre rappresentanti del movimento, tanto che la stampa le soprannominò le “Amazzoni”.

Emmeline Pankhurst (terza da sinistra) conduce una marcia attraverso Londra.

Sostenitrice dell’autodifesa divenne all’interno della WSPU (Women’s Social and Political Union)  l’istruttrice di bartitsu, un metodo di autodifesa ideato dall’ingegnere inglese Edward William Barton-Wright, una combinazione fra jūjitsu, judo e pugilato, che prevedeva anche l’uso dell’ombrello o del bastone da passeggio. Edith, che prese inizialmente lezioni proprio da Edward William Barton-Wright, insegnava alle “Amazzoni” come sbilanciare l’avversario, sorprenderlo e atterrarlo con l’uso combinato del jūjitsu e del bastone.

Edith Garrud durante una dimostrazione di autodifesa

Una tecnica che consentiva alle suffragette di proteggersi dagli assalti della polizia e dalle aggressioni degli anti-suffragisti, tanto che la più famosa rivista satirica britannica Punch nel 1910 le dedicò una vignetta che raffigurava i poliziotti spaventati e scaraventati dai suoi colpi.


“Nata nel 1872 in Inghilterra, a Bath nella contea di Somerset,  Edith Garrud perfezionò l’arte del jūjitsu insieme al marito William, un istruttore di ginnastica, pugilato e wrestling, sotto Sadakazu Uyenishi, uno dei primi istruttori giapponesi ad insegnare arti marziali al di fuori del Giappone.
Quando Uyenishi tornò in Giappone nel 1908, William ed Edith assunsero le funzioni di insegnamento nel suo dojo a Golden Square, nella zona di Soho a Londra.” (Leggi su Fightland)
Invitata a tenere una dimostrazione di jūjitsu durante una riunione del WSPU, dimostrò come una donna piccola come lei, era alta poco più di 1 metro e 50, poteva tenere testa ad un avversario fisicamente più grande e più forte. Iniziò così la storia di Edith Garrud e delle “Suffrajitsu”, come sono state poi battezzate le suffragette istruite dalla loro maestra.

Suffragette vestite di bianco seguono il corteo funebre
al funerale di Emily Davidson, morì colpita dal cavallo
di re Giorgio V durante una manifestazione di protesta.

Continuò ad allenare le suffragette in luoghi segreti della città, a nascondere le attiviste nell’ex dojo di Uyenishi, insegnò loro ad usare le clave di legno che portavano nascoste sotto i loro abiti contro i manganelli della polizia, fece di loro donne pronte a resistere agli arresti, a sopportare il dolore per difendere le loro compagne e il diritto all’uguaglianza. Fece questo fino al loro scioglimento avvenuto poco dopo l’inizio della prima guerra mondiale.

La storia, di lei ci lascia una targa commemorativa affissa sulla casa dove visse a Thornhill square e  una breve apparizione in Suffrajitsu , una trilogia di graphic novel di Tony Wolf e João Vieira pubblicata da Jet City Comics:
[…] “La loro ultima linea di difesa è la società segreta elitaria di “Amazzoni”; donne addestrate nell’arte marziale del Bartitsu e giurate di proteggere i loro capi dall’arresto e dall’assalto.
La posta in gioco aumenta drammaticamente quando le Amazzoni vengono spinte in un mortale gioco del gatto e topo…”(Suffrajitsu)


«La donna è esposta a molti pericoli al giorno d’oggi, perché così tanti che si definiscono uomini non sono degni di questo titolo, ed è suo dovere imparare a difendersi» 
ha scritto Edith Garrud ed è ancora così!

"buona" resilienza!

Altre fonti e letture:
Edith Garrud: The Suffragette Who Knew jūjitsu di Tony Wolf

  • Le immagini in questo post sono presenti solo a scopo illustrativo. Copyright dei rispettivi aventi diritto che ringrazio.

12 commenti :

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    1. Ben trovato Cavaliere!
      E ricordarci che tutto può mutare...
      Grazie e una buona giornata anche a te.

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  2. Sei tornata! Che bello! Grazie di quest'ottimo approfondimento. 100, 1000 e tante più Edith Garrud. Un abbraccio.

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    1. Grazie di cuore Maria, ed è bello ritrovarti.
      Ho voluto riprendere con Edith. Un omaggio alle tante donne che hanno lavorato e lavorano per le donne. Un tributo alla forza delle donne, nonostante tutto.
      Un forte abbraccio anche a te.

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  3. Sapevo chi fosse Edith Garrud ma questa storia del jujitsu mi mancava! Bello e interessante il tuo post, come sempre :)

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    1. Ben ritrovata anche a te Cri.
      Grazie mille, mi fa piacere che sono riuscita ad aggiungere qualche altra informazione sulla piccola e forte Edith Garrud che insegnava alle donne a difendersi. È un ritratto che in queste particolari giornate da l'esatta misura di quanto le donne abbiano e devono lottare.

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  4. In primis BEN - TOR - NA - TA!!!! Conoscevo la storia, anche se non nei dettagli. Come sempre i tuoi post sono chiari, veri, smascherano tristi realtà della società contemporanea e ci riconducono giustamente al riconsiderare bene quello che conta davvero: i diritti, le nostre libertà, il nostro essere raziocinanti e non il diventare schiavi di un asfittico e terrificante "Fast - thinking" (passami questo neologismo inglese) nonché lasciarci abbacinare da luccicanti vetrine piene di ninnoli. Un ritorno in grande spolvero il tuo che mi rende immensamente felice!

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    1. GRAZIEEEEE ed io sono felice di ritrovare un caro amico.
      Come "vedi" sono riuscita ad essere di nuovo qui, sempre con tempi ridotti, ma non importa. Ci sono ancora ;)
      Ed è proprio quello che volevo trasmettere con la lunga apertura al ritratto della Garrud.
      Ed è quello che anche tu a fatica porti avanti nell'Agorà del Rockpoeta, ricordandoci chi dovremmo essere.

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  5. Bel post interessante, che ho letto casualmente oggi, giornata del balck friday, cosa veramete demenziale. Sì, siamo davvero liberi ... di consumare, l'ulrima libertà. Del resto, se ha vinto il capitalismo, se non ci sono più partiti di classe in parlamento, se nessuno vuole una società diversa (non lievemente più giusta, da contrapporre al razzismo, ma totalmente diversa), non mi meraviglio. Ci vorrebbero personaggio radicali come Edith Garrud, tanto per cominciare, e un sacco di persone dietro, anzi, accanto a lei.

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    1. Intanto ben trovato Alli e grazie.
      Quando leggo di persone che dormono la notte fuori da un negozio o aggressioni e in alcuni casi omicidi per accaparrarsi un oggetto, io mi sento male.
      Tragicamente bella la tua frase: siamo liberi di consumare, l'ultima libertà. Ma nessuno sembra rendersene conto e, purtroppo per noi, quello che avanza è il peggio.
      A volte vorrei non pensare a quanti hanno lottato per concederci una libertà che abbiamo barattato col finto benessere.

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  6. Felice di ritrovarti qui. Che donne! Avrebbe detto un mio amico di tanti anni fa. Ebbene, io la Edith Garrud non la conoscevo o almeno non la ricordavo proprio, è stato quindi un piacere leggere il tuo articolo. Che poi si possa trasformare un modo di dire coniato per definire un evento storico tragico con il motivetto pubblicitario a scopi commerciali, fa parte della manipolazione della storia nella quale i poteri attuali sono maestri. Ed è sacrosanto e tremendo quello che tu ricordi, sono piccoli atti, apparentemente insignificanti che sgretolano lentamente diritti e consapevolezza di essi, relegando in un'ombra misteriosa e lontana la Storia e, quel che è peggio, la capacità stessa di comprendere e criticare il presente, figuriamoci cosa ne è della volontà di cambiarlo!!!!! Milioni di Edith Garrud ci vorrebbero per dare forza e intelligenza nella lotta agli attuali movimenti di cui a scadenze troppo distanti tra loro sentiamo parlare. E ancora e forse anche di più, ora, l'educazione permanente e quotidiana al senso critico può essere l'arma decisiva.

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    1. Carissima bibliomatilda, sono felice anch'io di ritrovarti anche su queste pagine e grazie per le tue parole danno un senso al tentativo di portare l'attenzione a ciò che davvero conta. A volte ci si sente sconfitti, a volte stanchi, a volte la voglia di chiudersi in un muto silenzio, non di quello che fa rumore, proprio sordo, come sorda sembra essere una fetta della società.
      Ma hai ragione tu con l'ultima frase: "forse anche di più, ora, l'educazione permanente e quotidiana al senso critico può essere l'arma decisiva."
      E allora, proseguiamo a parlarne. Infondo pare che "la goccia" abbia una sua forza ;)

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