«Il nostro destino viaggia su un mare mai attraversato, dove
le onde si susseguono in un gioco incessante di rimpiattino…» (R.
Tagore)
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Il viaggio
I
Per il fanciullo, che di mappe e stampe
è appassionato, l´universo è pari
alla sua brama illimitata. Il mondo
come è grande alla luce delle lampade,
e com´è, invece, agli occhi del ricordo,
meschino! Noi partiamo all’alba, colmo
il cervello di fiamma, il cuore gonfio
di rancore e di amari desideri,
cullando l’infinito nostro, l’onda
seguendo nel suo ritmo: lieti, gli uni,
di fuggire una patria infame, gli altri,
l’orrore della loro terra, ed altri,
astrologhi annegati dentro gli occhi
d´una donna, i profumi perigliosi
di una Circe tirannica. Si inebriano
di luce, spazio e di infuocati cieli
per non esser mutati in bestie; il gelo
che li morde e i soli che li abbronzano
lentamente cancellano le tracce
dei baci.
Ma può dirsi un viaggiatore
Solo chi parte per partire: lieve
ha il cuore a somiglianza del
pallone,
non si allontana mai dal suo destino,
senza saper perché dice: partiamo!
I loro desideri hanno la forma delle nuvole,
e, come un coscritto sogna il cannone,
sognano voluttà vaste, ignote, mutevoli
di cui lo spirito umano non conosce il nome!
[…]
Charles Baudelaire (1821 – 1867)
I giorni del passato
E gli altri che verranno,
Per anni e lungo secoli
Ogni mattino sorpresa
Nel sapere che ancora siamo in vita,
Che scorre sempre come sempre il vivere,
Dono e pena inattesi
Nel turbinio continuo
Dei vani mutamenti.
Tale per nostra sorte
Il viaggio che proseguo,
In un battibaleno
Esumando, inventando
Da capo a fondo il tempo,
Profugo come gli altri
Che furono, che sono, che saranno.
Giuseppe Ungaretti (1888 – 1970)
imprimendomi nel cervello per uso futuro
vetrine, architetture, tradizioni e costumi,
eppure ora di tutta quella città ricordo solo una donna
incontrata per caso che mi trattenne in quel luogo per amore.
Giorno su giorno e notte dopo notte noi fummo insieme,
il resto è stato da tempo dimenticato:
ricordo, ricordo solo quella donna che appassionatamente mi stringeva,
e ancora noi camminiamo, amiamo, ancora ci dividiamo,
e lei mi tiene ancora per mano, io non devo andare,
la vedo accanto a me con le sue labbra tremule e mute.
Walt Whitman (1819 – 1892)
Elegia del viaggiatore dai piedi feriti
Marcia ragazzo! Marcia allegramente,
In questo calmo giorno d’una calma estate,
Dove, tranne la sorgente, tutto tace.
Va tra le grandi felci,
I mirtilli e le erici
Dove fanno bottino nugoli d’api.
La sorgente è là, occhio chiuso,
Che piange con freschi singhiozzi
La nascita triste dell’acqua.
L’acqua pura diventerà acqua sporca,
La sorgente genera e piange o rantola,
Deplorata dai salici pallidi.
Medita pensieri volgari,
Vecchi e sani e sensati,
Il ragazzo! o l’uomo dai piedi feriti!
Nel bosco non ha visto fauni;
Dalle ninfe non avesti l’elemosina
Di un iris blu, di un iris giallo.
Calpesti gli dèi coi tuoi passi
Nel verde bastone che spezzasti
Un dio muore – tu non lo sai! –
Ah! marcia l’uomo senza dee
Né tutelari né traditrici,
Marcia e uccide gli dèi quando nascono.
Uccide gli dèi nati dai nostri chiari occhi
E nelle nostre anime; il sangue pietoso
Dei tuoi piedi consola gli dèi.
I rossi fauni e i satiri
Vedendoti fingono di ridere
E agitano l’acqua quando ti ci specchi.
Marci salutando le croci,
Dal bordo delle strade impolverate.
Tutti rossi del tuo sangue e freddi,
Gli dèi beffardi ovunque muoiono
E si commuovono gli incantatori,
Appassiscono i fiori, piangono le fate.
Guillaume Apollinaire (1880 – 1918)
Viaggio
Di notte si inventano
Corsieri di sogni.
Il corpo e l’anima
Si ormeggiano facilmente
Alla coda dei treni taciturni.
Carmen Yáñez (1952)
In questi vicoli stretti, dove ingombra
anche il pensiero di sé, in queste circonvoluzioni
d’un cervello che ha smesso di pensare al mondo,
dove, infiacchito o in preda a eccitazione,
sposti le scarpe nelle piazze, da una fontana
a una fontana, da una chiesa a un tempio,
-così va ciabattando sul disco la puntina,
dimenticando di fermarsi al centro-,
ci si può rassegnare alla frazione miseranda
della vita che resta e al passato che anela
alla totalità, o almeno a un sembiante
d’interezza. Il suono della suola
sulla terra, è della loro unione armonica
melodia, serenata che al futuro
intona il tempo che fu, Caruso puro
per il cane fuggito dal grammofono.
Josif Brodskij (1940 – 1996)
La ballata del vecchio marinaio, da Parte I
Il vascello
è spinto dalla tempesta
verso il
polo Sud
“ E si levò in quel punto la TEMPESTA
furiosa, prepotente;
percossi dalle sue ali ci spinse
lungamente nel sud.
Con le antenne inclinate e con la prora,
come chi se inseguito con grandi urla
calpesti ancora l’ombra del nemico,
china avanti la testa,
la nave si rubava alla tempesta
e fuggivamo sempre verso sud.
Poi vennero nel cielo nebbia e neve
e un freddo tanto saldo
che il ghiaccio a blocchi andava galleggiando
verde come smeraldo...
Samuel Taylor Coleridge (1772 – 1834)
Da qui filiamo dritti a Benevento,
dove l’oste zelante per poco non si bruciò
girando sul fuoco i suoi magri tordi:
…
A quel punto cominciano a mostrarsi
i monti a me ben noti dell’Apulia,
che sono bruciati dallo scirocco
e che mai noi avremmo valicati,
se non ci avesse ospitato un casale
vicino a Trevico e tutto pieno di fumo
da farci lacrimare, perché il focolare
bruciava ramaglie umide e foglie.
Lì sono tanto sciocco da aspettare
sino a mezzanotte una ragazza bugiarda;
poi il sonno mi coglie assorto nelle voglie d’amore
e le visioni lascive di un sogno
mi fanno bagnare supino
la tunica da notte e il ventre.
…
Orazio (65 a.C. – 8 a.C.)
Poi monta il volatore, e in aria s’alza
per giunger di quel monte in
su la cima,
che non lontan con la
superna balza
dal cerchio de la luna esser
si stima.
Tanto è il desir che di
veder lo ’ncalza,
ch’al cielo aspira, e la
terra non stima.
De l’aria più e più sempre
guadagna,
tanto ch’al giogo va de la
montagna.
Zafir, rubini, oro, topazi e perle,
e diamanti e crisoliti e
iacinti
potriano i fiori
assimigliar, che per le
liete piaggie v’avea l’aura
dipinti:
sì verdi l’erbe, che
possendo averle
qua giù, ne fôran gli
smeraldi vinti;
né men belle degli arbori le
frondi,
e di frutti e di fior sempre
fecondi.
Cantan fra i rami gli augelletti vaghi
azzurri e bianchi e verdi e
rossi e gialli.
Murmuranti ruscelli e cheti
laghi
di limpidezza vincono i
cristalli.
Una dolce aura che ti par
che vaghi
a un modo sempre e dal suo
stil non falli,
facea sì l’aria tremolar
d’intorno,
che non potea noiar calor
del giorno:
e quella ai fiori, ai pomi e alla verzura
gli odor diversi depredando
giva,
e di tutti faceva una mistura
che di soavità l’alma
notriva.
Surgea un palazzo in mezzo
alla pianura,
ch’acceso esser parea di
fiamma viva:
tanto splendore intorno e
tanto lume
raggiava, fuor d’ogni mortal
costume.
Astolfo il suo destrier verso il palagio
che più di trenta miglia
intorno aggira,
a passo lento fa muovere ad
agio,
e quinci e quindi il bel
paese ammira;
e giudica, appo quel, brutto
e malvagio,
e che sia al ciel ed a
natura in ira
questo ch’abitian noi fetido
mondo:
tanto è soave quel, chiaro e
giocondo.
Ludovico Ariosto (1474 – 1533)
Ho visto un Paradiso, come una tenda,
avvolgere i teli lucenti,
poi togliere i pali e scomparire
senza rumore d’assi
o di chiodi piantati, o falegname,
ma solo miglia di sguardo contemplante
fissando l’apparizione che svaniva
nel Nord America.
Nessuna traccia o indizio della cosa
che ci abbagliava, ieri,
né anello né prodigio,
uomini e fatti
scomparsi del tutto,
come rotta lontana degli uccelli
svela solo una tinta,
uno spruzzo di remi, un’allegria,
e poi per sempre inghiottita allo sguardo.
Emily Dickinson (1830 – 1886)
Lagnanze di viaggio
Quando dovrò girare il mondo
Vuoi in vettura, vuoi a cavallo,
O in carrozza o in diligenza,
Su un carretto o da pedone?
Non nel mio nido ereditario,
Né dove gli avi stan sepolti,
Ma certo su una via maestra
Iddio ch’io muoia ha destinato,
Sotto zoccoli a un selciato,
Sotto una ruota su un’erta,
O in un fosso scavato dall’acqua,
O sotto un ponte sfasciato.
O la peste mi coglierà,
O dal gelo sarò intenerito,
O una sbarra mi scornerà
Come un invalido impedito.
O in un bosco accoltellato
Da un brigante io finirò,
O in qualche posto in quarantena
Di noia infine creperò.
A lungo morso dalla fame
Dovrò il digiuno sopportare
E dell’Jar l’arrosto freddo
Con i tartufi ricordare?
Che gioia, la fissa dimora
A Mosca, con la passeggiata
In calesse, pensando ora ad ora
Al paesello, alla fidanzata!
Che gioia, un bicchiere di rum,
Di notte il sonno, il tè a mattina;
che gioia, amici, essere a casa!...
Ehi, tu, spicciati, cammina!...
Aleksandr Puškin (1799 – 1837)
Odissea, libro XXIV, 295-323
Allora si recarono felici sul luogo del letto antico.
E Telemaco e il bovaro Filezio e il porcaro Eumeo
smisero di danzare e dissero alla donna di smettere.
I due si coricarono nella grande stanza ombrosa.
Dopo che ebbero goduto del loro amore
i due sposi si misero a parlare, dolcemente, a lungo.
Lei, divina tra le donne, gli raccontava
le sofferenze nella casa che era invasa
dalla turba odiosa dei Proci, che sgozzavano bestie,
buoi e montoni, e attingevano alle anfore molto vino.
E Odisseo contava le pene che aveva recato ad altri
e quelle che egli aveva sofferto nel suo viaggio.
Narrava ogni cosa, e lei ascoltava con piacere,
e non le cadeva sulle palpebre il sonno mentre lui parlava.
Iniziò raccontando come aveva abbattuto i Ciconi,
e come poi giunse alla terra dei Mangiatori di Loto,
e gli orrori del Ciclope e come fu punito
per lo scempio dei valorosi compagni che aveva divorato.
E come giunse da Eolo e fu accolto e congedato,
anche se il destino non concedeva ancora il ritorno:
di nuovo fu trascinato via dalla tempesta
che lo portava tra le alte grida di lamento sul mare pescoso.
E poi Telepilo, città dei Lestrigoni,
che distrussero le navi e uccisero tutti i compagni.
Solo lui, Odisseo, fuggì con la nave.
E poi le narrò dell’inganno di Circe e della sua astuzia,
e come scese con la nave nel regno muschioso di Ade
per consultare l’anima del tebano Tiresia,
e là vide tutti i compagni di guerra,
e l’ombra della madre che lo aveva allattato da piccolo.
E le raccontò delle voci delle Sirene che aveva udito
e delle rupi di Plancte e la tremenda Cariddi,
e le narrò di Scilla da cui non si fuggiva senza danni.
E come i compagni uccisero i buoi del Sole,
e Zeus piombando dall’alto colpì la nave con la folgore,
e i compagni valorosi morirono.
E solo lui, Odisseo, sfuggì alle cupe dee della morte.
E le narrò dell’isola di Ogigia,
della ninfa Calipso che lo tratteneva in grotte profonde
nutrendolo, volendolo come marito,
e pronta a farlo immortale e immune per sempre da vecchiaia,
e come non riuscì mai a persuaderlo.
E le narrò di come arrivò soffrendo
all’isola dei Feaci che lo adorarono
con tutto il cuore e lo accompagnarono con la nave in patria,
dandogli in abbondanza bronzo, oro e vesti.
Questo fu l’ultimo racconto di quella notte,
quando lo vinse infine il dolce sonno,
il sonno che scioglie le membra e dissolve le pene del cuore.
Omero
da "poesie di viaggio"
(La Biblioteca di Ulisse)
a cura di Roberto Mussapi qui
«Non esiste scrittore che salpi senza tornare….» (Roberto Mussapi)
Il treno delle donne, Andrea Carella |
Inizio il mio nuovo viaggio
CIAO, ADDIO, ARRIVEDERCI, A PRESTO...
Signori in carrozza, si parte
"Non smetteremo di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta." (T. S. Eliot)
Ecco, sto tornando anch'io al punto di partenza
CIAO, ADDIO, ARRIVEDERCI, A PRESTO...
Signori in carrozza, si parte
fiiihiu fiiihiu fiiihiu
- Le immagini in questo post sono presenti solo a scopo illustrativo. Copyright dei rispettivi aventi diritto che ringrazio
Grandiosa rassegna di poesie di viaggio, grandiosi i viaggi anche quando si intraprendono, di qualsiasi tipo essi siano, solitari, brevi, di prova, sognati o realizzati, di andata o di ritorno. Ci fanno scoprire e amare di più noi stessi se ci abituiamo in essi a scoprire e ad amare di più gli altri. Il viaggio è una delle più belle metafore usate per parlare della vita. Un grande augurio di bene è quello che ci vuole per ognuno di essi.
RispondiEliminaCome non essere d'accordo con le tue parole. È che a volte le partenze ci colgono impreparati, noi ci siamo disimparati, incontrando gli altri abbiamo perso pezzi di noi e occorre riprendere il viaggio alla ricerca "dei pezzi di ricambio". Tutto il bene possibile sempre... un forte abbraccio :*
EliminaImmagini e versi veramente stupendi, che confermano il viaggio come tema forte della nostra letteratura di sempre (banale dirlo, lo so ...).
RispondiEliminaBuoni viaggi allora :)
Grazie Alli, non è affatto banale, anzi va ricordato e fai bene a dirlo che la letteratura è anche e soprattutto viaggio: "il viaggio è anche nella testa" ;)
EliminaBuon viaggio, continua a regalare versi anche dalla tua terra..... sei magnifica. Come pochi, come nessuno. Insisto.... sei l'unico poeta contemporaneo che valga davvero la pena di leggere. E un giorno se ne accorgeranno tutti ma è nel silenzio che si celebrano le cose più belle.
RispondiEliminaIl cielo in verticale, Sempre
Grazie, ma sono immeritate le tue parole, per fortuna ci sono i poeti, quelli veri, e non basta questo spazio per accoglierli tutti. Grazie per gli auguri e per la tua presenza.
EliminaIl cielo è sempre stato verticale, siamo noi che non ci soffermiamo a guardare. Sono tempi di velocità e mi raccomando leggi i grandi poeti, di mediocrità ce n'è a sufficienza in giro. Un abbraccio
Immagini divine,indimenticabili e da riconoscere subito quelle di Dorè, ma la figura di "Of wind and water" mia ha stregato come quella di " Sopra la città" di Chagall e poi i versi di Whitman mi entrano nel cuore fino ad arrivare all'anima..
RispondiEliminaGrazie di questa meraviglia...
Bacio nuvoloso!
L'uomo abbandona le sue meschine brutture e si eleva cara Nella, lo fa con l'arte e nell'arte ed è un viaggio benefico per tutti, aiuta, anche quando non è metaforico, e riempie gli spazi vuoti della vita. Un bacio arcobaleno :*
EliminaViaggi veri e viaggi sognati: ce n'è per tutti i gusti. E la parola accompagna il viaggio, perché raccontarlo o anticiparlo con la narrazione è parte integrante del viaggio. Non c'è viaggio vero, viaggio che faccia crescere, se non lo si narra
RispondiEliminaC'è un proverbio che recita: il bagaglio più pesante è una borsa vuota. I viaggi rendono leggero il nostro bagaglio, gonfi i piedi (non mi dilungo su altri organi...), ma sicuramente la lingua ha da raccontare. A presto Ody
EliminaQuesto post mi comunica potenza di radici terrestri e vastità di onde oceaniche. E' una bella giostra di emozioni forti, un'amalgama felice di immagini e parole. Buon onomastico, Santa, se lo festeggi oggi. Buon tutto, in ogni caso, con affetto. A presto. Non ci privare della tua presenza.
RispondiEliminaGrazie di cuore Mari, vale anche oggi, i santi festeggiano tutti i giorni (magari). Arranco ma non mollo, tornerò presto, per ora brevi incursioni, di più non posso. Un grande e forte abbraccio :*
EliminaLa tua pausa riflessiva mi torna comoda: per una volta, arrivo a leggerti in ritardo senza essermi perso niente :) Post ricco mi ci ficco, goduto in tutte le sue espressioni verbali e pittoriche, diversamente preziose: mille viaggi in uno, Forrest Gump che corre con le scarpe di Van Gogh... Semplicemente stupendo. Ora che l'ho recuperato puoi anche rifarti viva, però ;) Un forte abbraccio, Santa. A presto.
RispondiEliminaAhahahah "tu chiamale se vuoi... coincidenze". Questi viaggi "ultramondani" (ci sono cose tra il cielo e la terra...) mi distolgono, poi per un attimo riprendo coscienza e zac mi riapproprio del mio spazio-tempo e quasi al tuo richiamo mi faccio viva. Solo un attimo per ora, ma sto lavorando per riemergere ;) Grazie Doc, grazie. Buon San Martino :*
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